Recesso per giusta causa della mandante e addebito del preavviso
Il recesso per giusta causa da parte della casa mandante è una ipotesi tutt’altro che infrequente.
Vediamo però quando è possibile parlare di recesso “per giusta causa” della casa mandante e quali sono le conseguenze a carico dell’agente di commercio.
Indice
Il recesso per giusta causa
Cosa è la giusta causa
Normalmente, quando si parla di recesso per “giusta causa” da un contratto, ci si riferisce alla comunicazione di interruzione del contratto di una parte a fronte di un comportamento dell’altra, ritenuto non più compatibile con la prosecuzione del rapporto.
Affinchè si tratti di una “giusta causa” in senso tecnico, peraltro, non è sufficiente che il comportamento dell’altra parte sia semplicemente non gradito o non accettabile.
Secondo la definizione “legale” contenuta nell’art. 2119 c.c., previsto per la cessazione del contratto di lavoro dipendente ma che trova applicazione anche in via più generale, è necessario che questo comportamento “non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.
La giurisprudenza ha stabilito che questo effetto si verifica in presenza di un “grave” inadempimento agli obblighi contrattuali, tale da far venire meno la fiducia necessaria alla prosecuzione del rapporto.
Non quindi qualsiasi inadempimento, ma solo un “grave” inadempimento e solo se questo – secondo il Giudice – è idoneo a ledere il vincolo fiduciario in modo irreversibile.
Cosa fare in presenza di una “giusta causa”
Dalle indicazioni sopra fornite si ricava quindi che:
- la cessazione deve essere con effetto immediato e non può essere concesso alcun preavviso. La concessione del preavviso è infatti incompatibile con quanto previsto dalla legge circa l’impossibilità, anche solo provvisoria, di proseguire il rapporto;
- per lo stesso motivo, l’inadempimento contestato deve essere appena accaduto o per lo meno appena scoperto. Non può trattarsi di un inadempimento risalente nel tempo poichè la scelta di continuare il rapporto per un certo tempo nonostante quanto accaduto è contraria al principio di “improseguibilità” del rapporto. In sostanza, se il rapporto è proseguito significa che l’inadempimento non era poi cosi tanto grave;
- sempre per lo stesso motivo, anche se la cessazione viene comunicata appena scoperto l’inadempimento, deve trattarsi di un inadempimento “grave”, non di un qualunque inadempimento, tale da ledere irrimediabilmente la fiducia necessaria ad una corretta futura prosecuzione del rapporto;
- è il Giudice che in caso di contenzioso stabilisce se si tratti di “giusta causa” o meno. Di conseguenza non basta che sia la parte a sostenere che si tratti di un grave inadempimento. Esiste un terzo soggetto, il Giudice, che può dire la sua, con tutti i rischi del caso sul fatto che possa anche valutare diversamente
Chi può recedere per giusta causa dal contratto di agenzia
Da un contratto di agenzia possono recedere per giusta causa sia l’agente sia la mandante.
Poichè ciascuno infatti ha degli obblighi da rispettare e delle condotte da mantenere, entrambe le parti possono incorrere in violazioni che l’altra parte può far valere come “giusta causa”.
Per l’agente ad esempio possono costituire giusta causa: il mancato pagamento delle provvigioni, la violazione – se concessa – dell’esclusiva di zona, le modifiche unilaterali (cioè senza consenso) del contratto di agenzia da parte della mandante.
Per la casa mandante invece possono costituire giusta causa: la violazione dell’obbligo di non concorrenza (in caso di plurimandato) o lo svolgimento di altri incarichi (in caso di monomandato), il trattenimento indebito da parte dell’agente di somme dei clienti, a certe condizioni il mancato raggiungimento dei minimi di vendita.
Effetti del recesso per giusta causa da parte della casa mandante
In caso di recesso per giusta causa da parte della mandante, secondo i principi sopra indicati la comunicazione deve comportare il recesso immediato del contratto di agenzia senza dunque possibilità di concedere un preavviso.
Qualora l’agente non contestasse la giusta causa, oppure, in caso di contestazione, qualora il Giudice desse ragione alla casa mandante, l’effetto a carico dell’agente sarebbe quello di perdere il diritto all’indennità di fine rapporto e al preavviso.
Va precisato che se il contratto di agenzia è a tempo “determinato” (ovvero con una data di scadenza) non si tratterà per l’agente di perdere il “preavviso” (che per definizione non è previsto in un contratto a tempo determinato) bensì di perdere tutto il periodo dalla comunicazione di recesso fino alla prima data di scadenza del contratto di agenzia successiva alla comunicazione di recesso (in questo articolo trovi la differenza tra contratto di agenzia a tempo determinato e indeterminato)
Laddove invece il Giudice desse torto alla mandante, l’agente avrebbe diritto all’indennità di fine rapporto e, in caso di contratto di agenzia a tempo indeterminato, al relativo preavviso (e quindi, non essendo stato concesso, alla relativa indennità per mancato preavviso)
In caso di contratto di agenzia a tempo determinato, l’agente avrebbe diritto, oltre alle indennità di fine rapporto, al risarcimento del danno pari alle provvigioni perdute fino alla prima scadenza del contratto di agenzia successiva alla comunicazione di recesso.
Addebito del preavviso all’agente in caso di recesso per giusta causa della mandante
Tra gli effetti del recesso per giusta causa in caso di contratto a tempo indeterminato non ho indicato anche il diritto da parte della mandante di addebitare il preavviso all’agente.
Infatti, la mandante ha diritto di interrompere con effetto immediato il contratto e di non pagare all’agente il preavviso, ma non ha anche diritto di addebitare tale preavviso all’agente.
Questa conclusione discende direttamente dall’art. 2119 c.c. citato sopra il quale infatti prevede: “Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente” (che è quella di mancato preavviso).
La norma specifica espressamente che solo al prestatore di lavoro (e quindi all’agente) che recede per giusta causa spetta l’indennità per mancato preavviso. La specificazione è sufficiente per escludere che tale diritto spetti anche alla casa mandante. La stessa quindi non potrà addebitare o trattenere alcun preavviso all’agente in caso di recesso per giusta causa.
L’opportunità di procedere ad una stima dei costi prima di inviare il recesso per giusta causa
Anche senza il diritto di poter addebitare il preavviso, resta il fatto che, in presenza di un recesso per giusta causa fondato, il “risparmio” per la mandante dato dal non dover pagare le indennità di fine rapporto e il periodo di preavviso può costituire già un grosso vantaggio.
Allo stesso tempo, “dire” di recedere per giusta causa è altro dall’aver effettivamente ragione e quindi dall’ottenere in automatico tali effetti (non pagare le indennità di fine rapporto e il preavviso).
Anzi, il rischio potrebbe andare incontro a costi ulteriori qualora qualcosa “andasse storto” (ad esempio a dover pagare l’indennità per il preavviso che invece l’agente avrebbe potuto lavorare con un recesso “normale”).
In mancanza dunque di “automatismi”, risulta importante per una casa mandante verificare prima di comunicare un recesso per giusta causa al proprio agente quanto gli potrebbe “costare” se la giusta causa alla fine non venisse riconosciuta.
E’ quindi tanto importante raccogliere, analizzare i fatti e redigere la lettera di recesso per giusta causa, quanto calcolare preliminarmente i potenziali costi che l’azienda potrebbe dover affrontare.
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Buon lavoro!
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