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patto non concorrenza agenti

Patto di non concorrenza agenti: si può fare senza pagare indennità o compensi all’agente?

Diciamo subito che il patto di non concorrenza agenti per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia è, di regola, “a pagamento”.

La casa mandante deve cioè corrispondere un compenso specifico all’agente a fronte di questo impegno. Ma è sempre così?

Patto di non concorrenza agenti e art. 1751 bis c.c.

Stiamo anzitutto parlando dello specifico patto, o della specifica clausola del contratto di agenzia, stipulato ai sensi dell’art. 1751 bis del codice civile (da non confondere con il più “blasonato” art. 1751 del codice civile che prevede tutt’altro) con cui l’agente si impegna a non svolgere attività in concorrenza dopo che cessa il contratto di agenzia.

Non stiamo quindi parlando dell’obbligo che l’agente (plurimandatario) ha “in automatico” di non fare concorrenza durante il contratto e per il quale la legge non prevede alcuna contropartita.

Invece, per il patto di non concorrenza agenti stipulato ai sensi dell’attuale art. 1751 bis del codice civile, è previsto che la casa mandante debba ricompensare a parte l’agente per questo impegno che si assume.

La previsione di questo compenso per il patto di non concorrenza post-contratto è stata in particolare introdotta dalla legge n. 422 del 29.12.2000 a partire dal 1.6.2001.

Da questa data in poi quindi il patto di non concorrenza agenti è diventato di norma “a pagamento” per la casa mandante.

Prima di questa data, il patto di non concorrenza era invece, di norma, gratuito per l’azienda, cioè il patto non prevedeva compenso e quindi l’agente si obbligava senza dover ricevere nulla in cambio.

I criteri matematici per il calcolo del compenso per il patto di non concorrenza agenti non sono direttamente previsti dall’art. 1751 bis codice civile che si limita a stabilire dei principi e a fare riferimento alla “contrattazione collettiva”.

La “contrattazione collettiva” è costituita dagli Accordi Economici Collettivi che prevedono precise modalità di calcolo che variano da A.E.C. ad A.E.C. e che possono rivelarsi anche particolarmente costose.

In caso di contratti di agenzia regolati dagli Accordi Economici Collettivi, in particolare dall’A.E.C. settore Commercio 2009 e A.E.C. settore Industria 2014 sarà peraltro direttamente a queste disposizioni che dovrà farsi riferimento.

Ad esempio, in caso di applicazione dell’Accordo Economico del settore Commercio 2009, in base ai criteri previsti dall’art. 8, un agente monomandatario, con una anzianità di servizio fino a 5 anni e un patto di non concorrenza di 2 anni, ha diritto a circa 10 mesi di provvigioni.

Considerato che questo compenso si aggiunge alle indennità di fine rapporto se dovute (cioè se il contratto di agenzia si interrompe per causa dell’azienda), l’importo complessivo può arrivare a cifre considerevoli.

Ci sono però delle ipotesi in cui è ancora possibile che il patto di non concorrenza sia “gratis”, cioè la casa mandante possa non pagare nulla all’agente.

Se sei una casa mandante, prima di metterti a fare i conti o prima di rinunciare a inserirlo nel tuo contratto di agenzia, verifica quindi se ricadi in una delle ipotesi che seguono.

Si tratta di tre “deroghe”. Una è prevista direttamente dalla legge, le altre due dalla giurisprudenza. Vediamole.

Patto di non concorrenza agenti e agenti società di capitali

La Legge Comunitaria n. 422/2000 che ha introdotto il compenso per il patto di non concorrenza agenti, ha previsto espressamente alcune esclusioni da questa previsione.

Ha in particolare previsto che la previsione del compenso non si applichi quando l’agente sia una società di capitali (s.r.l. o S.p.A.).

Esclusioni che poi sono state riprese (e in alcuni casi “ristrette”) dagli Accordi Economici Collettivi.

La Legge Comunitaria n. 422/2000 in particolare ha previsto che la disposizione sulla previsione del compenso non si applichi in caso di agenti organizzati come società di capitali (cioè in forma di s.r.l. o S.p.A) con due o più soci (si applica quindi in caso di agenti società di capitali a socio unico).

L’Accordo Economico Collettivo o A.E.C. settore Industria 2014, art. 14, “copia” la legge e quindi non applica la previsione del compenso agli agenti organizzati sia come S.p.A., sia come s.r.l., con due o più soci .

L’A.E.C.settore Commercio 2009, art. 8, invece esclude dal compenso (solo) gli agenti organizzati come S.p.A. con due o più soci. Mantiene quindi “a pagamento” il patto con tutti gli agenti in forma di s.r.l. (quindi anche ad unico socio), oltre che in forma di S.p.A. con un socio).

Nei casi di agenti società di capitali, dunque, c’è la possibilità che il patto di non concorrenza ex art. 1751 bis codice civile rimanga automaticamente gratuito e senza necessità di doverlo specificare.

Naturalmente però se, non conoscendo questa deroga, nel patto di non concorrenza è stato previsto che l’agente avesse diritto al compenso, a quel punto dovrà essere pagato.

La “buona notizia” per la casa mandante però in questi casi è che se è stato previsto che il compenso venisse pagato durante il contratto destinando una parte della provvigione a corrispettivo del patto, questa pattuizione è valida e quindi il patto di non concorrenza potrebbe essere già stato pagato.

Patto di non concorrenza agenti e contratti firmati prima del 1.6.2001

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 1.6.2015, n. 12127, ha risolto una annosa questione riguardo tutti quei contratti di agenzia stipulati prima del 1.6.2001 (la data cioè dalla quale il patto è diventato a pagamento.

Tanti “vecchi” contratti di agenzia, infatti, siccome il patto di non concorrenza agenti in origine era gratuito, avevano e hanno tutt’ora inserito questa clausola di default senza la previsione di alcun compenso, perchè all’epoca non costava nulla.

Dopo che il patto di non concorrenza è diventato a pagamento, però, per tutti i contratti di agenzia stipulati prima del 1.6.2001 e cessati dopo tale data in cui era stata inserita la clausola del patto di non concorrenza senza compenso, le aziende si sono trovate esposte al rischio di doverli pagare.

La Corte di Cassazione invece, con la sentenza sopra richiamata, ha stabilito che se il contratto di agenzia è stato stipulato prima del 1.6.2001 senza che nel patto di non concorrenza sia stato previsto un compenso, il patto continua a rimanere gratuito anche se il contratto di agenzia cessa dopo il 1.6.2001. Questo perchè la legge in vigore quando il contratto di agenzia è stato stipulato non prevedeva l’obbligo di pagare l’agente.

Il principio vale però se il contratto di agenzia non è stato cambiato dopo il 1.6.2001.

Il principio infatti non vale più se, pur essendo il rapporto iniziato prima del 1.6.2001, il testo del contratto sia stato cambiato dopo il 1.6.2001 con un altro testo in cui è stata ribadita la clausola del patto di non concorrenza.

A quel punto infatti non si potrà più dire che la clausola era stata pattuita in una momento in cui la legge non prevedeva un compenso per il patto di non concorrenza agenti. Essendo stato “ristipulato” dopo che la normativa è cambiata, rimarrà regolato dalla nuova normativa.

Anche in questi casi, peraltro, potrebbe esserci una “buona notizia”.

Se infatti fin dalla sua stipulazione (anche prima del 1.6.2001) fossero state riconosciute somme a titolo di acconto del patto di non concorrenza “salvo conguaglio”, alla fine del rapporto di agenzia tali acconti complessivi potrebbero essere superiori agli importi che sarebbero stati dovuti in base ai criteri stabiliti dagli Accordi Economici Collettivi.

L’agente quindi, oltre a dover rispettare il patto di non concorrenza, potrebbe essere costretto a restituire l’eccedenza.

Patto di non concorrenza agenti ed esclusione espressa del compenso

Un’ultima ipotesi, che si è ricava incidentalmente dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 12127/2015 sopra citata, e che poi è stata ribadita dalla giurisprudenza anche in successive occasioni, riguarda la possibilità che le parti, per i contratti stipulati dopo il 1.6.2001 e nei casi in cui il patto di non concorrenza sarebbe a pagamento, escludano invece espressamente tale compenso.

Non si tratta quindi del caso in cui le parti nulla dicono nella clausola del patto di non concorrenza riguardo al compenso, ma del fatto in cui le parti lo escludano espressamente.

Una pattuizione di questo tipo è ritenuta valida.

La Corte di Cassazione, infatti, nella citata sentenza poi ripresa da sentenza successive, nel corso della motivazione ha rilevato incidentalmente che la Legge Comunitaria n. 422/2000, modificando l’art. 1751 bis c.c., non abbia introdotto al previsione del compenso “a pena di nullità” del patto di non concorrenza ma abbia solo stabilito che il patto di non concorrenza sia  di regola “a pagamento”.

Ciò significa che una deroga espressa delle parti, cioè una pattuizione che espressamente escluda il diritto al compenso, sarebbe valida.

Peraltro, se tale principio è applicabile ai contratti di agenzia regolati direttamente dal codice civile (senza cioè un richiamo anche dagli Accordi Economici Collettivi), sembra invece non applicabile quando il contratto di agenzia risulta regolato anche dagli Accordi Economici Collettivi.

Gli Accordi Economici Collettivi, infatti, prevedono i criteri di calcolo del compenso per il patto di non concorrenza e non prevedono espressamente la possibilità di deroga.

L’A.E.C. settore Industria 2014  art. 14 ad esempio fa salvi solo gli accordi “più favorevoli” riguardo alla “misura” del compenso.

Sembra quindi che gli A.E.C. introducano un trattamento di “miglior favore” per gli agenti nel prevedere il compenso (escluso agenti società di capitali come visto sopra) che non è quindi derogabile.

In caso quindi di contratto di agenzia regolato anche dagli Accordi Economici Collettivi, una eventuale esclusione del compenso del patto di non concorrenza non sarebbe valido.

Patto di non concorrenza agenti e acconti

Un tema legato al compenso per il patto di non concorrenza agenti che accenno riguarda quello di riconoscere “acconti” durante il contratto di agenzia, così da “ridurre” se non addirittura escludere che alla fine del contratto di agenzia la casa mandante debba pagare altre somme sulla base dei conteggi dell’A.E.C..

L’art. 1751 bis codice civile non esclude espressamente la possibilità di acconti.

Anche l’A.E.C. settore Industria 2014 non lo vieta, specificando solo che il compenso per il patto di non concorrenza agenti ha natura “non provvigionale”.

Anche l’A.E.C. settore Commercio 2009 prevede che il compenso per il patto di non concorrenza agenti non ha natura provvigionale precisando però anche che andrebbe pagato “inderogabilmente” in un unica soluzione alla fine del contratto di agenzia. Lo scrupolo è chiaramente quello di evitare la prassi che l'”acconto” altro non sia che una quota parte della provvigione che la casa mandante quindi avrebbe pagato comunque. In sostanza che si tratti di una provvigione “simulata”.

In linea di massima, la giurisprudenza ritiene valida la previsione di acconti per il patto di non concorrenza agenti durante il rapporto in anche in forma “percentuale”, ritenendo che la natura “non provvigionale” prevista dagli A.E.C. rileverebbe solo ai fini fiscali e previdenziali.

Quindi non sarebbe facile per l’agente sostenere che gli acconti del patto di non concorrenza sarebbero in realtà provvigioni “simulate”  solo perchè sono stati riconosciuti nel corso del contratto di agenzia e in forma percentuale.

Tuttavia il mio suggerimento in caso di riconoscimento di acconti sul compenso per il patto di non concorrenza agenti, specie se il contratto di agenzia è regolato dall’A.E.C. settore Commercio 2009, è quello di prevedere un conteggio e un pagamento tenuto distinto dalle provvigioni e anche assoggettato al trattamento fiscale suo proprio che è diverso da quello delle provvigioni.

In tal modo, se anche il riconoscimento di acconti non fosse valido e venisse preteso un conteggio “da zero”, tali acconti non potrebbero essere imputati automaticamente a provvigioni e quindi l’agente, se anche ne eccepisse la nullità, sarebbe costretto a doverli restituire in quanto privi di titolo, vanificando così di fatto la richiesta di un nuovo conteggio.

Molte ulteriori questioni riguardano il patto di non concorrenza agenti, come ad esempio se si possa posticipare alla fine del periodo stabilito per la non concorrenza o se possa riguardare anche zone, prodotti e clienti ulteriori rispetto a quelli assegnati nel contratto di agenzia, così come, per i casi in cui è dovuto, quanto potrebbe costare in concreto e se ne valga la pena in base ai benefici.

Se sei una casa mandante o un professionista che ha necessità di approfondire queste tematiche, cliccando qui puoi contattarci e scoprire cosa possiamo fare per te.

Buon lavoro!

Avv. Angela Tassinari

 

 

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agente monomandatario quanto costaAgente monomandatario: come si distingue dall’agente plurimandatario e quanto costa in più?

Se hai intenzione di incaricare un nuovo agente di commercio come monomandatario ma non sai quanto costa o cosa significhi esattamente, di seguito ti darò le risposte necessarie.

Agente monomandatario e agente plurimandatario: differenza

Anzitutto va chiarita la differenza tra agente monomandatario e agente plurimandatario.

In modo intuitivo si sa che un agente “mono”mandatario lavora solo con una casa mandante e con nessun altra.  L’agente “pluri”mandatario invece lavora, o può lavorare, per più case mandanti (purchè non concorrenti, salvo patto contrario).

Quello che forse è  invece meno ovvio è che non basta che un agente lavori “di fatto” per una sola casa mandante per essere definito, giuridicamente parlando, come monomandatario.

E’ infatti necessario, affinchè un agente sia tecnicamente qualificabile come “monomandatario”, che l’agente si sia espressamente impegnato a non lavorare anche per altre aziende.

Quello che distingue quindi l’agente monomandatario dall’agente plurimandatario, giuridicamente parlando, non è per quante aziende effettivamente lavori, ma per quante aziende “possa”, secondo gli impegni contrattuali, potenzialmente lavorare.

Per essere qualificato tecnicamente come agente monomandatario, dunque, non è sufficiente che l’agente si astenga di fatto dal lavorare per altre case mandanti o che di fatto lavori per una sola casa mandante, ma deve anche risultare, da una clausola nel contratto o da un accordo, che si sia impegnato a farlo.

Di conseguenza, nel caso in cui il contratto di agenzia non preveda una clausola espressa con cui l’agente si impegna a non prestare attività per qualunque altra azienda (sia concorrente che non concorrente), o non risultino essere stati conclusi in corso di rapporto accordi in questo senso, anche se l’agente “di fatto” lavora per una sola casa mandante, formalmente parlando rimarrà un agente “plurimandatario”.

In quali casi viene distinto tra agente monomandatario e plurimandatario

Chiarito quando, sotto il profilo tecnico, un agente si definisce “monomandatario” e quando “plurimandatario”, è necessario verificare quando vale questa distinzione.

La legge e la contrattazione nazionale infatti (gli A.E.C. – Accordi Economici Collettivi degli agenti di commercio) per alcune situazioni distinguono tra le due tipologie di agenti.

Vediamo in quali casi.

Enasarco – contributi previdenziali per agente monomandatario o plurimandatario

L’Ente Enasarco, cioè’ l’ente istituito per offrire una copertura previdenziale e assistenziale agli agenti di commercio complementare rispetto a quella dell’INPS, prevede, in certi casi, un importo  diverso a seconda che l’agente sia plurimandatario o monomandatario.

In particolare, per i contributi “previdenziali” cioè quelli da versare per gli agenti individuali e gli agenti società di persone (sas, snc …), l’Enasarco prevede un importo maggiore per agli agenti monomandatari rispetto ai plurimandatari

Per i contributi da versare invece per gli agenti società di capitali (srl, spa) non fa distinzione (in questo caso si tratta di contributi “assistenziali”).

Il calcolo dei contributi previdenziali avviene applicando una certa aliquota sulle provvigioni annue maturate dagli agenti fino a una certa soglia (massimale) e non può essere inferiore ad un certo importo (minimale).

L’importo del contributo previdenziale è a carico del 50% ciascuno. Il versamento va però fatto per intero dalla casa mandante che trattiene la quota dell’agente al momento del pagamento delle provvigioni.

L’aliquota da applicare e’ uguale sia che si tratti di agente plurimandatario sia monomandatario.

Ciò che cambia sono gli importi del “massimale” e del “minimale”.

Quelli previsti per gli agenti monomandatario sono più alti.

Tradotto in “numeri”, per il 2023 l’aliquota da applicare per la contribuzione “ordinaria” e’ stata del 17% complessivo (50% a carico agente e 50% a carico mandante).

I massimali ordinari (cioè la soglia massima delle provvigioni su cui calcolare l’aliquota) sono invece stati:

– euro 42.435,00 per gli agenti monomandatari

– euro 28.290,00 per gli agenti plurimandatari

il minimale e’ stato:

– euro 950,00 per gli agenti monomandatari

– euro 476,00 per i plurimandatari

Gli importi totali che la casa mandante ha versato all’Enasarco per ciascuna tipologia sono quindi stati:

– da euro  950,00 a euro 7.213, 95 (euro 42.435 x 17%) per i monomandatari

– da euro 476,00 a euro 4.809,30 (euro 28.290,00 x 17%) per i plurimandatari

Il “costo” effettivo rimasto a carico della mandante e’ pari al 50% dei suddetti importi, l’altro 50% e’ a carico dell’agente tramite trattenuta sulle provvigioni (salvo il minimale che se non coperto rimane a carico della mandante anche oltre il 50%) e quindi:

massimo euro 3.606,97 per i monomandatari

massimo euro 2.404,65 per i plurimandatari

Per il 2024 l’aliquota è rimasta la stessa ma minimali e massimali saranno soggetti a rivalutazione e quindi sono destinati ad alzarsi. L’ordine di grandezza dei costi tuttavia sostanzialmente rimarrà lo stesso.

Ho parlato di contributi “ordinari” perché per il triennio 2021 – 2023 l’Enasarco ha previsto un regime agevolato per i cosiddetti “giovani agenti” (che potevano essere solo agenti individuali) con cui ha stabilito delle aliquote particolari più basse. I massimali su cui calcolare tuttavia rimangono invariati. I minimali invece sono dimezzati.

Si tratta di un regime in fase di esaurimento anche se potenzialmente ancora in vigore fino al 2025 (per i primi incarichi conferiti nel 2023)

Anche nell’ipotesi dei giovani agenti quindi l’Enasarco, distinguendo tra massimali e minimali per il monomandatario e il plurimandatario, prevede due trattamenti e due costi diversi.

Per inciso, anche se i contributi del monomandatario sono maggiori rispetto a quelli del plurimandatario, e quindi possa sembrare che l’Enasarco non abbia motivo di contestare “maggiori” versamenti da parte della casa mandante, è importante che vengano versati solo se l’agente ne ha effettivo diritto, cioè sia effettivamente monomandatario.  Va infatti ricordato che i contributi si trasformano poi in “pensione” per l’Enasarco, quindi l’Enasarco non ha interesse a riconoscere una pensione maggiore ad un agente che non abbia assunto uno specifico impegno di monomandatario.

F.I.R.R.

Per le case mandanti che sono tenute a versare il FIRR all’Enasarco o comunque a calcolarlo alla fine del rapporto, il conteggio sarà’ diverso a seconda che l’agente sia monomandatario o plurimandatario.

Il FIRR si calcola in particolare per quota annua applicando sulle provvigioni maturate nell’anno certe aliquote su certi scaglioni.

Le aliquote sono uguali per entrambe le tipologie di agenti. Ciò che invece varia è il valore degli scaglioni, pari al doppio per i monomandatari.

La tabella è la seguente:

Monomandatari

4% fino a 12.400
2% da 12.400 a 18.600
1% oltre 18.600

Plurimandatari

4% fino a 6.200
2% da 6.200 a 9.300
1% oltre 9.300

Per fare un esempio, quindi, a parità di provvigioni annue, esempio 50.000,00, la quota FIRR per il monomandatario sarà pari a Euro 934.00 la quota di FIRR invece per il plurimandatario sarà pari a Euro 717,00.

Ricordo che il FIRR è una voce delle indennità di fine rapporto disciplinata dall’AEC, insieme a indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica. Non ha quindi natura di contributo previdenziale o assistenziale.

Per approfondire quando è obbligatorio per la casa mandante calcolare e versare il FIRR ti rimando a questo articolo: FIRR Enasarco: quello che le aziende non sanno

Indennità “meritocratica” A.E.C. Industria 2014

Sempre per rimanere in tema indennità di fine rapporto, la distinzione tra monomandatario e plurimandatario è richiamata anche nel calcolo dell’indennità meritocratica disciplinata dall’AEC. settore Industria 2014.

L’indennità meritocratica è una componente delle indennità di fine rapporto disciplinate dagli AEC (intendo per semplicità i principali AEC cioè: settore Commercio 2009, settore Industria 2014), insieme al FIRR e all’indennità suppletiva di clientela.

Per questo calcolo l’AEC settore Industria 2014 fa questa distinzione, mentre l’AEC settore Commercio 2009 invece non fa alcuna distinzione tra mono e plurimandatraio.

In entrambi gli AEC non c’è alcuna distinzione tra i due contratti nemmeno rispetto al calcolo dell’indennità suppletiva di clientela.

Anche il codice civile, con riguardo all’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c., non fa distinzione tra agente mono e plurimandatario.

Durata preavviso per agenti monomandatari o plurimandatari

Se il contratto di agenzia e’ regolato dall’AEC, in caso di cessazione del contratto di agenzia a tempo indeterminato sono previsti termini di preavviso diversi a seconda che si tratti di agente monomandatario o plurimandatario.

In particolare in caso di dimissioni da parte dell’agente l’AEC prevede un preavviso fisso di:

  • 5 mesi per l’agente monomanfatario
  • 3 mesi per l’agente pluromandatario

In caso invece di recesso della casa mandante, i termini di preavviso da concedere all’agente variano in base all’anzianità di servizio.

Per l’agente plurimandatario vanno da 3 a 6 mesi. Per l’agente monomandatario sono mediamente maggiori di 2 mesi (da 5 a 9 mesi) in base alla durata del rapporto.

Anche il Codice Civile prevede termini di preavviso in caso di cessazione del contratto di agenzia (da 1 mese a 6 mesi in base all’anzinaità), ma non distingue nè tra dimissioni o recesso della casa mandante, nè tra monomandatario e plurimandatario.  

Per una panoramica più dettagliata rispetto alla durata dei termini di preavviso e al rapporto tra i termini di preavviso previsti dall’A.E.C. e quelli del Codice Civile, in questo articolo ne parlo più diffusamente.

Variazioni unilaterali della casa mandante (art. 2 AEC settore Industria 2014 e art. 3 AEC settore Commercio 2009)

Sempre in caso di applicazione dell’AEC al contratto di agenzia, sono previsti termini di preavviso diversi qualora la mandante intenda comunicare all’agente una variazione “unilaterale”. Per variazione unilaterale si intende quella per cui non viene chiesta all’agente alcuna firma per accettazione. Si tratta cioè di una variazione comunicata di pura iniziativa della casa mandante (se venisse chiesta la firma per accettazione saremmo nel caso della semplice “proposta” di variazione per la quale i termini di preavviso possono quindi essere anche stabiliti tra le parti).

In particolare, in caso di variazioni cosiddette di “media” entità il preavviso da concedere e’ di mesi 2 in caso di agente plurimandatario e di mesi 4 in caso di monomandatario (art. 2 AEC settore Industria 2014 e art. 3 AEC settore Commercio 2009).

Per le variazioni di “lieve” entità (fino al 5%) non e’ dovuto alcun preavviso per cui non vi sono distinzioni tra le due tipologie di agenti.

Per le variazioni di “sensibile” entità il preavviso e’ quello che servirebbe alla casa mandante per recedere dal contratto. In questo caso quindi si fa riferimento ai termini già previsti in precedenza in caso di recesso della mandante con le differenze evidenziate tra mono e plurimandatario.

Per una analisi più dettagliata delle variazioni unilaterali della casa mandante, relativi valori e preavvisi, in questo articolo puoi trovare più informazioni.

Patto di non concorrenza post contrattuale ex art. 1751 bis

Qualora nel contratto di agenzia fosse previsto l’impegno dell’agente a non svolgere attività in concorrenza dopo la fine del rapporto, il codice civile e gli AEC prevedono che debba essere pagato un compenso all’agente che si assume questo impegno.

I criteri per calcolare questo compenso sono disciplinati dall’AEC (anche il codice civile fa riferimento all’AEC per il calcolo).

L’AEC, settore Commercio e settore Industria, prevedono due modalità di calcolo diverse ma entrambi comunque distinguono a seconda che l’agente sia monomandatario o plurimandatario, prevedendo per il monomandatario un compenso più alto.

La particolarità rispetto al patto di non concorrenza post contrattuale ex art. 1751 bis è che è l’unico caso in cui l’AEC prende in considerazione, a certe condizioni, il monomandatario “di fatto”.

Per lo meno, ai fini del compenso l’AEC “equipara” l’agente plurimandatario all’agente monomandatario laddove le provvigioni maturate con la casa mandante interessata al patto siano superiori all’80% rispetto alle provvigioni totali maturate dall’agente con tutti i mandanti in corso. E’ comunque l’agente che deve far valere questa circostanza esibendo alla casa mandante le scritture e i documenti da cui risulti tale situazione.

Per qualsiasi dubbio siamo a tua disposizione, scopri meglio di cosa ci occupiamo!

Buon lavoro

Avv. Angela Tassinari

 

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Si parla di contratto di agenzia plurimandatario, ma non sempre è chiaro per quali altre ditte l’agente può lavorare.

Contratto di agenzia plurimandatario e obbligo di non concorrenzaAnzitutto con un contratto di agenzia plurimandatario l’agente può (non deve) lavorare per più case mandanti. E questo è semplice.

Ci sono però alcune precisazioni da considerare che sono invece meno scontate.

Riguardo l’agente plurimandatario, infatti, se è vero che può lavorare per più case mandanti è però “sottinteso” che tali case mandanti non possano essere in concorrenza tra loro.

La legge lo dice chiaramente: “l’agente [non] può assumere ‘incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo di affari di più imprese in concorrenza tra loro” (art. 1743 codice civile).

Con il contratto di agenzia plurimandatario l’agente può lavorare per più ditte ma non in concorrenza

Quindi, anche se questo divieto non venisse specificato nel contratto di agenzia, comunque l’agente sarebbe obbligato a rispettarlo derivando direttamente dalla legge.

Tuttavia, prevedere una specifica clausola nel contratto rimane opportuna perchè consente di ampliarne l’oggetto e l’ambito geografico.

La legge infatti limita questo divieto di concorrenza alla “stessa zona” e allo “stesso ramo di affari” assegnati all’agente.

E’ però lecito, ed è senz’altro opportuno, estendere nel contratto di agenzia plurimandatario tale divieto anche “al di fuori” della zona assegnata e riferirlo non solo ai “prodotti” (ramo d’affari) assegnati all’agente, ma più in generale all'”attività” svolta dalla mandante.

Non è infatti infrequente il caso in cui all’agente viene affidata una sola linea di prodotti rispetto a quelli commercializzati dalla mandante, ma ciò non significa che la mandante gradisca che l’agente possa operare per una concorrente su un’altra linea di prodotti. Per poter vietare però all’agente di poter trattare anche prodotti concorrenti non assegnati, deve essere espressamente precisato nel contratto.

Nel contratto di agenzia plurimandatario si può specificare che l’obbligo di non concorrenza vale anche al di fuori della zona e dei prodotti assegnati

Peraltro, così come le parti nel contratto di agenzia plurimandatario possono “ampliare” il contenuto dell’obbligo di non concorrenza, possono anche, se vogliono, escluderlo e quindi prevedere magari delle “deroghe”, consentendo all’agente di assumere di volta in volta degli incarichi per mandanti “concorrenti”.

La valutazione di quali siano le imprese concorrenti va fatta al momento della stipula del contratto di agenzia.

In altre parole, se al momento della stipula del contratto di agenzia la mandante trattava certi prodotti e non altri, e quindi l’agente ha assunto il mandato per conto di un’altra ditta che trattava prodotti non trattati dalla prima (e quindi non era sua concorrente), se la prima mandante poi amplia la gamma di prodotti inserendo una linea concorrente con quella del secondo mandato, non potrà pretendere (giuridicamente) che l’agente cessi tale mandato, perchè quando l’aveva preso l’agente era in regola. Allo stesso tempo, l’agente non potrà comunque trattare la linea di nuovi prodotti inseriti dalla prima mandante, perchè altrimenti andrebbe in violazione dell’obbligo di non concorrenza con la seconda ditta, e quindi dovrà limitarsi a proseguire nella vendita delle linee originarie.

Questo divieto di concorrenza durante il contratto non deve essere confuso con il “patto di non concorrenza” dopo che cessa il contratto di agenzia.

L'”obbligo di non concorrenza” durante il contratto è diverso dal “patto di non concorrenza” per quando il contratto cessa

Sono due divieti di non concorrenza diversi, nel senso che il primo è previsto in automatico dalla legge, può essere esteso anche oltre la zona e i prodotti assegnati, e non deve essere indennizzato a parte; il secondo invece deve essere previsto da un patto specifico inserito nel contratto di agenzia, non può andare oltre la zona e i prodotti assegnati (e se anche fosse previsto non varrebbe) e deve essere di regola pagato (per saperne di più sull’obbligo di pagamento del patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto puoi leggere anche Patto di non concorrenza agenti senza indennità: si può fare?).

Per ulteriori informazioni sul Contratto di Agenzia Plurimandatario puoi contattarci cliccando qui

Avv. Angela Tassinari

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