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agente monomandatario quanto costaAgente monomandatario: come si distingue dall’agente plurimandatario e quanto costa in più?

Se hai intenzione di incaricare un nuovo agente di commercio come monomandatario ma non sai quanto costa o cosa significhi esattamente, di seguito ti darò le risposte necessarie.

Agente monomandatario e agente plurimandatario: differenza

Anzitutto va chiarita la differenza tra agente monomandatario e agente plurimandatario.

In modo intuitivo si sa che un agente “mono”mandatario lavora solo con una casa mandante e con nessun altra.  L’agente “pluri”mandatario invece lavora, o può lavorare, per più case mandanti (purchè non concorrenti, salvo patto contrario).

Quello che forse è  invece meno ovvio è che non basta che un agente lavori “di fatto” per una sola casa mandante per essere definito, giuridicamente parlando, come monomandatario.

E’ infatti necessario, affinchè un agente sia tecnicamente qualificabile come “monomandatario”, che l’agente si sia espressamente impegnato a non lavorare anche per altre aziende.

Quello che distingue quindi l’agente monomandatario dall’agente plurimandatario, giuridicamente parlando, non è per quante aziende effettivamente lavori, ma per quante aziende “possa”, secondo gli impegni contrattuali, potenzialmente lavorare.

Per essere qualificato tecnicamente come agente monomandatario, dunque, non è sufficiente che l’agente si astenga di fatto dal lavorare per altre case mandanti o che di fatto lavori per una sola casa mandante, ma deve anche risultare, da una clausola nel contratto o da un accordo, che si sia impegnato a farlo.

Di conseguenza, nel caso in cui il contratto di agenzia non preveda una clausola espressa con cui l’agente si impegna a non prestare attività per qualunque altra azienda (sia concorrente che non concorrente), o non risultino essere stati conclusi in corso di rapporto accordi in questo senso, anche se l’agente “di fatto” lavora per una sola casa mandante, formalmente parlando rimarrà un agente “plurimandatario”.

In quali casi viene distinto tra agente monomandatario e plurimandatario

Chiarito quando, sotto il profilo tecnico, un agente si definisce “monomandatario” e quando “plurimandatario”, è necessario verificare quando vale questa distinzione.

La legge e la contrattazione nazionale infatti (gli A.E.C. – Accordi Economici Collettivi degli agenti di commercio) per alcune situazioni distinguono tra le due tipologie di agenti.

Vediamo in quali casi.

Enasarco – contributi previdenziali per agente monomandatario o plurimandatario

L’Ente Enasarco, cioè’ l’ente istituito per offrire una copertura previdenziale e assistenziale agli agenti di commercio complementare rispetto a quella dell’INPS, prevede, in certi casi, un importo  diverso a seconda che l’agente sia plurimandatario o monomandatario.

In particolare, per i contributi “previdenziali” cioè quelli da versare per gli agenti individuali e gli agenti società di persone (sas, snc …), l’Enasarco prevede un importo maggiore per agli agenti monomandatari rispetto ai plurimandatari

Per i contributi da versare invece per gli agenti società di capitali (srl, spa) non fa distinzione (in questo caso si tratta di contributi “assistenziali”).

Il calcolo dei contributi previdenziali avviene applicando una certa aliquota sulle provvigioni annue maturate dagli agenti fino a una certa soglia (massimale) e non può essere inferiore ad un certo importo (minimale).

L’importo del contributo previdenziale è a carico del 50% ciascuno. Il versamento va però fatto per intero dalla casa mandante che trattiene la quota dell’agente al momento del pagamento delle provvigioni.

L’aliquota da applicare e’ uguale sia che si tratti di agente plurimandatario sia monomandatario.

Ciò che cambia sono gli importi del “massimale” e del “minimale”.

Quelli previsti per gli agenti monomandatario sono più alti.

Tradotto in “numeri”, per il 2023 l’aliquota da applicare per la contribuzione “ordinaria” e’ stata del 17% complessivo (50% a carico agente e 50% a carico mandante).

I massimali ordinari (cioè la soglia massima delle provvigioni su cui calcolare l’aliquota) sono invece stati:

– euro 42.435,00 per gli agenti monomandatari

– euro 28.290,00 per gli agenti plurimandatari

il minimale e’ stato:

– euro 950,00 per gli agenti monomandatari

– euro 476,00 per i plurimandatari

Gli importi totali che la casa mandante ha versato all’Enasarco per ciascuna tipologia sono quindi stati:

– da euro  950,00 a euro 7.213, 95 (euro 42.435 x 17%) per i monomandatari

– da euro 476,00 a euro 4.809,30 (euro 28.290,00 x 17%) per i plurimandatari

Il “costo” effettivo rimasto a carico della mandante e’ pari al 50% dei suddetti importi, l’altro 50% e’ a carico dell’agente tramite trattenuta sulle provvigioni (salvo il minimale che se non coperto rimane a carico della mandante anche oltre il 50%) e quindi:

massimo euro 3.606,97 per i monomandatari

massimo euro 2.404,65 per i plurimandatari

Per il 2024 l’aliquota è rimasta la stessa ma minimali e massimali saranno soggetti a rivalutazione e quindi sono destinati ad alzarsi. L’ordine di grandezza dei costi tuttavia sostanzialmente rimarrà lo stesso.

Ho parlato di contributi “ordinari” perché per il triennio 2021 – 2023 l’Enasarco ha previsto un regime agevolato per i cosiddetti “giovani agenti” (che potevano essere solo agenti individuali) con cui ha stabilito delle aliquote particolari più basse. I massimali su cui calcolare tuttavia rimangono invariati. I minimali invece sono dimezzati.

Si tratta di un regime in fase di esaurimento anche se potenzialmente ancora in vigore fino al 2025 (per i primi incarichi conferiti nel 2023)

Anche nell’ipotesi dei giovani agenti quindi l’Enasarco, distinguendo tra massimali e minimali per il monomandatario e il plurimandatario, prevede due trattamenti e due costi diversi.

Per inciso, anche se i contributi del monomandatario sono maggiori rispetto a quelli del plurimandatario, e quindi possa sembrare che l’Enasarco non abbia motivo di contestare “maggiori” versamenti da parte della casa mandante, è importante che vengano versati solo se l’agente ne ha effettivo diritto, cioè sia effettivamente monomandatario.  Va infatti ricordato che i contributi si trasformano poi in “pensione” per l’Enasarco, quindi l’Enasarco non ha interesse a riconoscere una pensione maggiore ad un agente che non abbia assunto uno specifico impegno di monomandatario.

F.I.R.R.

Per le case mandanti che sono tenute a versare il FIRR all’Enasarco o comunque a calcolarlo alla fine del rapporto, il conteggio sarà’ diverso a seconda che l’agente sia monomandatario o plurimandatario.

Il FIRR si calcola in particolare per quota annua applicando sulle provvigioni maturate nell’anno certe aliquote su certi scaglioni.

Le aliquote sono uguali per entrambe le tipologie di agenti. Ciò che invece varia è il valore degli scaglioni, pari al doppio per i monomandatari.

La tabella è la seguente:

Monomandatari

4% fino a 12.400
2% da 12.400 a 18.600
1% oltre 18.600

Plurimandatari

4% fino a 6.200
2% da 6.200 a 9.300
1% oltre 9.300

Per fare un esempio, quindi, a parità di provvigioni annue, esempio 50.000,00, la quota FIRR per il monomandatario sarà pari a Euro 934.00 la quota di FIRR invece per il plurimandatario sarà pari a Euro 717,00.

Ricordo che il FIRR è una voce delle indennità di fine rapporto disciplinata dall’AEC, insieme a indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica. Non ha quindi natura di contributo previdenziale o assistenziale.

Per approfondire quando è obbligatorio per la casa mandante calcolare e versare il FIRR ti rimando a questo articolo: FIRR Enasarco: quello che le aziende non sanno

Indennità “meritocratica” A.E.C. Industria 2014

Sempre per rimanere in tema indennità di fine rapporto, la distinzione tra monomandatario e plurimandatario è richiamata anche nel calcolo dell’indennità meritocratica disciplinata dall’AEC. settore Industria 2014.

L’indennità meritocratica è una componente delle indennità di fine rapporto disciplinate dagli AEC (intendo per semplicità i principali AEC cioè: settore Commercio 2009, settore Industria 2014), insieme al FIRR e all’indennità suppletiva di clientela.

Per questo calcolo l’AEC settore Industria 2014 fa questa distinzione, mentre l’AEC settore Commercio 2009 invece non fa alcuna distinzione tra mono e plurimandatraio.

In entrambi gli AEC non c’è alcuna distinzione tra i due contratti nemmeno rispetto al calcolo dell’indennità suppletiva di clientela.

Anche il codice civile, con riguardo all’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c., non fa distinzione tra agente mono e plurimandatario.

Durata preavviso per agenti monomandatari o plurimandatari

Se il contratto di agenzia e’ regolato dall’AEC, in caso di cessazione del contratto di agenzia a tempo indeterminato sono previsti termini di preavviso diversi a seconda che si tratti di agente monomandatario o plurimandatario.

In particolare in caso di dimissioni da parte dell’agente l’AEC prevede un preavviso fisso di:

  • 5 mesi per l’agente monomanfatario
  • 3 mesi per l’agente pluromandatario

In caso invece di recesso della casa mandante, i termini di preavviso da concedere all’agente variano in base all’anzianità di servizio.

Per l’agente plurimandatario vanno da 3 a 6 mesi. Per l’agente monomandatario sono mediamente maggiori di 2 mesi (da 5 a 9 mesi) in base alla durata del rapporto.

Anche il Codice Civile prevede termini di preavviso in caso di cessazione del contratto di agenzia (da 1 mese a 6 mesi in base all’anzinaità), ma non distingue nè tra dimissioni o recesso della casa mandante, nè tra monomandatario e plurimandatario.  

Per una panoramica più dettagliata rispetto alla durata dei termini di preavviso e al rapporto tra i termini di preavviso previsti dall’A.E.C. e quelli del Codice Civile, in questo articolo ne parlo più diffusamente.

Variazioni unilaterali della casa mandante (art. 2 AEC settore Industria 2014 e art. 3 AEC settore Commercio 2009)

Sempre in caso di applicazione dell’AEC al contratto di agenzia, sono previsti termini di preavviso diversi qualora la mandante intenda comunicare all’agente una variazione “unilaterale”. Per variazione unilaterale si intende quella per cui non viene chiesta all’agente alcuna firma per accettazione. Si tratta cioè di una variazione comunicata di pura iniziativa della casa mandante (se venisse chiesta la firma per accettazione saremmo nel caso della semplice “proposta” di variazione per la quale i termini di preavviso possono quindi essere anche stabiliti tra le parti).

In particolare, in caso di variazioni cosiddette di “media” entità il preavviso da concedere e’ di mesi 2 in caso di agente plurimandatario e di mesi 4 in caso di monomandatario (art. 2 AEC settore Industria 2014 e art. 3 AEC settore Commercio 2009).

Per le variazioni di “lieve” entità (fino al 5%) non e’ dovuto alcun preavviso per cui non vi sono distinzioni tra le due tipologie di agenti.

Per le variazioni di “sensibile” entità il preavviso e’ quello che servirebbe alla casa mandante per recedere dal contratto. In questo caso quindi si fa riferimento ai termini già previsti in precedenza in caso di recesso della mandante con le differenze evidenziate tra mono e plurimandatario.

Per una analisi più dettagliata delle variazioni unilaterali della casa mandante, relativi valori e preavvisi, in questo articolo puoi trovare più informazioni.

Patto di non concorrenza post contrattuale ex art. 1751 bis

Qualora nel contratto di agenzia fosse previsto l’impegno dell’agente a non svolgere attività in concorrenza dopo la fine del rapporto, il codice civile e gli AEC prevedono che debba essere pagato un compenso all’agente che si assume questo impegno.

I criteri per calcolare questo compenso sono disciplinati dall’AEC (anche il codice civile fa riferimento all’AEC per il calcolo).

L’AEC, settore Commercio e settore Industria, prevedono due modalità di calcolo diverse ma entrambi comunque distinguono a seconda che l’agente sia monomandatario o plurimandatario, prevedendo per il monomandatario un compenso più alto.

La particolarità rispetto al patto di non concorrenza post contrattuale ex art. 1751 bis è che è l’unico caso in cui l’AEC prende in considerazione, a certe condizioni, il monomandatario “di fatto”.

Per lo meno, ai fini del compenso l’AEC “equipara” l’agente plurimandatario all’agente monomandatario laddove le provvigioni maturate con la casa mandante interessata al patto siano superiori all’80% rispetto alle provvigioni totali maturate dall’agente con tutti i mandanti in corso. E’ comunque l’agente che deve far valere questa circostanza esibendo alla casa mandante le scritture e i documenti da cui risulti tale situazione.

Per qualsiasi dubbio siamo a tua disposizione, scopri meglio di cosa ci occupiamo!

Buon lavoro

Avv. Angela Tassinari

 

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recesso per giusta causa della mandante

Il recesso per giusta causa da parte della casa mandante è una ipotesi tutt’altro che infrequente.

Vediamo però quando è possibile parlare di recesso “per giusta causa” della casa mandante e quali sono le conseguenze a carico dell’agente di commercio.

Il recesso per giusta causa

Cosa è la giusta causa

Normalmente, quando si parla di recesso per “giusta causa” da un contratto, ci si riferisce alla comunicazione di interruzione del contratto di una parte a fronte di un comportamento dell’altra, ritenuto non più compatibile con la prosecuzione del rapporto.

Affinchè si tratti di una “giusta causa” in senso tecnico, peraltro, non è sufficiente che il comportamento dell’altra parte sia semplicemente non gradito o non accettabile.

Secondo la definizione “legale” contenuta nell’art. 2119 c.c., previsto per la cessazione del contratto di lavoro dipendente ma che trova applicazione anche in via più generale, è necessario che questo comportamento “non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

La giurisprudenza ha stabilito che questo effetto si verifica in presenza di un “grave” inadempimento agli obblighi contrattuali, tale da far venire meno la fiducia necessaria alla prosecuzione del rapporto.

Non quindi qualsiasi inadempimento, ma solo un “grave” inadempimento e solo se questo – secondo il Giudice – è idoneo a ledere il vincolo fiduciario in modo irreversibile.

Cosa fare in presenza di una “giusta causa”

Dalle indicazioni sopra fornite si ricava quindi che:

  • la cessazione deve essere con effetto immediato e non può essere concesso alcun preavviso. La concessione del preavviso è infatti incompatibile con quanto previsto dalla legge circa l’impossibilità, anche solo provvisoria, di proseguire il rapporto;
  • per lo stesso motivo, l’inadempimento contestato deve essere appena accaduto o per lo meno appena scoperto. Non può trattarsi di un inadempimento risalente nel tempo poichè la scelta di continuare il rapporto per un certo tempo nonostante quanto accaduto è contraria al principio di “improseguibilità” del rapporto. In sostanza, se il rapporto è proseguito significa che l’inadempimento non era poi cosi tanto grave;
  • sempre per lo stesso motivo, anche se la cessazione viene comunicata appena scoperto l’inadempimento, deve trattarsi di un inadempimento “grave”, non di un qualunque inadempimento, tale da ledere irrimediabilmente la fiducia necessaria ad una corretta futura prosecuzione del rapporto;
  • è il Giudice che in caso di contenzioso stabilisce se si tratti di “giusta causa” o meno. Di conseguenza non basta che sia la parte a sostenere che si tratti di un grave inadempimento. Esiste un terzo soggetto, il Giudice, che può dire la sua, con tutti i rischi del caso sul fatto che possa anche valutare diversamente

Chi può recedere per giusta causa dal contratto di agenzia

Da un contratto di agenzia possono recedere per giusta causa sia l’agente sia la mandante.

Poichè ciascuno infatti ha degli obblighi da rispettare e delle condotte da mantenere, entrambe le parti possono incorrere in violazioni che l’altra parte può far valere come “giusta causa”.

Per l’agente ad esempio possono costituire giusta causa: il mancato pagamento delle provvigioni, la violazione – se concessa – dell’esclusiva di zona, le modifiche unilaterali (cioè senza consenso) del contratto di agenzia da parte della mandante.

Per la casa mandante invece possono costituire giusta causa: la violazione dell’obbligo di non concorrenza (in caso di plurimandato) o lo svolgimento di altri incarichi (in caso di monomandato), il trattenimento indebito da parte dell’agente di somme dei clienti, a certe condizioni il mancato raggiungimento dei minimi di vendita.

Effetti del recesso per giusta causa da parte della casa mandante

In caso di recesso per giusta causa da parte della mandante, secondo i principi sopra indicati la comunicazione deve comportare il recesso immediato del contratto di agenzia senza dunque possibilità di concedere un preavviso.

Qualora l’agente non contestasse la giusta causa, oppure, in caso di contestazione, qualora il Giudice desse ragione alla casa mandante, l’effetto a carico dell’agente sarebbe quello di perdere il diritto all’indennità di fine rapporto e al preavviso.

Va precisato che se il contratto di agenzia è a tempo “determinato” (ovvero con una data di scadenza) non si tratterà per l’agente di perdere il “preavviso” (che per definizione non è previsto in un contratto a tempo determinato) bensì di perdere tutto il periodo dalla comunicazione di recesso fino alla prima data di scadenza del contratto di agenzia successiva alla comunicazione di recesso (in questo articolo trovi la differenza tra contratto di agenzia a tempo determinato e indeterminato)

Laddove invece il Giudice desse torto alla mandante, l’agente avrebbe diritto all’indennità di fine rapporto e, in caso di contratto di agenzia a tempo indeterminato, al relativo preavviso (e quindi, non essendo stato concesso, alla relativa indennità per mancato preavviso)

In caso di contratto di agenzia a tempo determinato, l’agente avrebbe diritto, oltre alle indennità di fine rapporto, al risarcimento del danno pari alle provvigioni perdute fino alla prima scadenza del contratto di agenzia successiva alla comunicazione di recesso.

Addebito del preavviso all’agente in caso di recesso per giusta causa della mandante

Tra gli effetti del recesso per giusta causa in caso di contratto a tempo indeterminato non ho indicato anche il diritto da parte della mandante di addebitare il preavviso all’agente.

Infatti, la mandante ha diritto di interrompere con effetto immediato il contratto e di non pagare all’agente il preavviso, ma non ha anche diritto di addebitare tale preavviso all’agente.

Questa conclusione discende direttamente dall’art. 2119 c.c. citato sopra il quale infatti prevede: “Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente” (che è quella di mancato preavviso).

La norma specifica espressamente che solo al prestatore di lavoro (e quindi all’agente) che recede per giusta causa spetta l’indennità per mancato preavviso. La specificazione è sufficiente per escludere che tale diritto spetti anche alla casa mandante. La stessa quindi non potrà addebitare o trattenere alcun preavviso all’agente in caso di recesso per giusta causa.

L’opportunità di procedere ad una stima dei costi prima di inviare il recesso per giusta causa

Anche senza il diritto di poter addebitare il preavviso, resta il fatto che, in presenza di un recesso per giusta causa fondato, il “risparmio” per la mandante dato dal non dover pagare le indennità di fine rapporto e il periodo di preavviso può costituire già un grosso vantaggio.

Allo stesso tempo, “dire” di recedere per giusta causa è altro dall’aver effettivamente ragione e quindi dall’ottenere in automatico tali effetti (non pagare le indennità di fine rapporto e il preavviso).

Anzi, il rischio potrebbe andare incontro a costi ulteriori qualora qualcosa “andasse storto” (ad esempio a dover pagare l’indennità per il preavviso che invece l’agente avrebbe potuto lavorare con un recesso “normale”).

In mancanza dunque di “automatismi”, risulta importante per una casa mandante verificare prima di comunicare un recesso per giusta causa al proprio agente quanto gli potrebbe “costare” se la giusta causa alla fine non venisse riconosciuta.

E’ quindi tanto importante raccogliere, analizzare i fatti e redigere la lettera di recesso per giusta causa, quanto calcolare preliminarmente i potenziali costi che l’azienda potrebbe dover affrontare.

Se sei un’azienda o un professionista incaricato di gestire una situazione come quella sopra descritta e sei interessato ad avere un supporto o una visione a 360 gradi della situazione, saremo lieti di offrirti assistenza.

Buon lavoro!

 

 

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preavviso agente di commercioPreavviso agente di commercio, quali termini deve rispettare il tuo agente di commercio qualora intenda dare le dimissioni?

Comunemente si pensa che l’agente di commercio sia tenuto a dare un preavviso fisso di 3 mesi se è plurimandatario o di 5 mesi se è monomandatario.

Ma e’ così? O, per lo meno, e’ sempre così?

Capiamo meglio come funziona il preavviso dell’agente di commercio

Contratto di agenzia a tempo determinato o indeterminato

Per quanto possa sembrare scontato, ma la primissima cosa da verificare è se il contratto di agenzia è a tempo determinato o a tempo indeterminato.

Andate quindi anzitutto a cercare la clausola del contratto di agenzia che regola la durata.

Se nella clausola sulla “durata”, è previsto che il contratto abbia una durata “predeterminata” (ad esempio: il presente contratto inizia il XX/YY/ZZZZ e dura 1 anno (oppure 12 mesi o due anni ecc.), siamo in presenza di un contratto a tempo determinato.

Idem siamo in presenza di un contratto a tempo determinato anche quando, dopo essere stata prevista una durata predeterminata, è prevista una clausola di rinnovo tacito o automatico tipo questa: “il contratto di agenzia si rinnoverà automaticamente per lo stesso periodo salvo disdetta/recesso da comunicare con un preavviso di XX mesi/giorni rispetto alla scadenza”.

Se, invece, nella clausola del contratto di agenzia relativa alla durata fosse previsto che il contratto inizia in una certa data o in un certo momento e null’altro, siamo in presenza di un contratto per l’appunto a tempo per “indeterminato”.

Stessa cosa chiaramente se fosse specificato espressamente che il contratto è a tempo indeterminato.

Vediamo di seguito perchè questa distinzione è importante.

Preavviso agente di commercio nel contratto a tempo determinato

Se il vostro contratto di agenzia e’ a tempo determinato (con o senza rinnovo tacito), significa che avevate valutato a suo tempo che avrebbe dovuto durare fino alla data che avevate indicato.

L’unico motivo per poter cessare prima della scadenza quindi è (o dovrebbe essere) solo quello di una “giusta causa”, cioè di un grave inadempimento dell’altra parte.

Nei contratti a termine quindi, in caso di recesso anticipato senza giusta causa chi lo fa deve risarcire il danno all’altra parte.

In casi come questi, non e’ (o non dovrebbe essere) quindi previsto che le parti possano recedere in qualunque momento anche prima della scadenza.

Parlo al condizionale perché nella prassi ho riscontrato dei “mix” e degli “ibridi” nelle clausole sulla durata dei contratti di agenzia a termine, che mischiano elementi del tempo determinato con quelli del tempo indeterminato non sempre però dagli esiti felici…

Tornando al caso della clausola a tempo determinato “vera”, l’unico “preavviso” da verificare è quindi quello previsto per l’invio della disdetta per impedire che il contratto si rinnovi automaticamente, qualora sia stato pattuito il meccanismo del rinnovo tacito.

Si tratta, in questo caso, di un “preavviso” la cui durata le parti possono liberamente stabilire perché serve solo per “avvisare” l’altra parte che il contratto cesserà alla scadenza che entrambe avevano già previsto.

Di conseguenza è un “preavviso” che non serve per far cessare il contratto in qualunque momento prima della scadenza, bensì solo per farlo cessare rispetto alla scadenza già stabilita.

Se quindi il contratto di agenzia non prevedesse un meccanismo di rinnovo tacito ma solo una durata fissa, in quel caso non vi sarebbe nessun “preavviso” da dare per far cessare il contratto di agenzia. Il contratto nasce infatti già per cessare automaticamente alla scadenza (si ricorda solo che gli AEC prevedono comunque che la mandante faccia sapere all’agente 60 giorni prima della scadenza se ha intenzione di stipulare un nuovo contratto di agenzia dopo la scadenza di quello in corso oppure invece non abbia interesse a farlo, questo solo per evitare di creare aspettative ingiustificate nell’agente).

Attenzione solo che, in caso di contratto di agenzia a tempo determinato senza rinnovo tacito, se le parti vanno comunque avanti a lavorare come se niente fosse dopo la scadenza del contratto, il contratto di agenzia si trasforma automaticamente a tempo indeterminato con applicazione dei termini di preavviso di cui al punto successivo e non si potrà poi dire: “ah ma era scaduto quindi si può cessare cosi”…

Preavviso agente di commercio nel contratto a tempo indeterminato

Se il vostro contratto di agenzia risulta invece a tempo “indeterminato”, significa che le parti possono cessarlo in qualunque momento dando un certo preavviso.

In questo caso la durata del preavviso non è del tutto libera o per lo meno ci sono dei termini minimi da rispettare.

Questi termini minimi sono contenuti nelle norme che regolano il contratto di agenzia.

A questo punto si pone la questione: quali sono queste norme?

Quali sono le norme che regolano la durata del preavviso dell’agente di commercio

La durata del preavviso nei contratti di agenzia a tempo indeterminato è contenuta in due tipi di norme:

La prima cosa da fare quindi e’ anzitutto andare a verificare nel contratto di agenzia quali sono le norme da cui è regolato.

Solitamente c’è una clausola che inserita alla fine del contratto in cui si dice: “il presente contratto è regolato da XXXXX” o “per quanto non previsto si applicano le norme del XXXX”.

Se e’ richiamato l’AEC, troverete solitamente “il presente contratto è regolato dalle norme del codice civile e dell’AEC”, o anche solo “è regolato” o “si applica” l’AEC.

Fatta questa preliminare verifica, vediamo cosa prevedono queste norme.

I termini di preavviso di recesso dal contratto di agenzia del codice civile

L’art. 1750 del codice civile stabilisce i seguenti termini di preavviso che valgono sia che receda l’agente sia che receda la mandante e senza fare differenza tra agente monomandatario e plurimandatario:

  • 1 mese per il primo anno di durata del rapporto
  • 2 mesi dal secondo anno di durata “iniziato”
  • 3 mesi dal terzo anno di durata iniziato
  • 4 mesi dal quarto anno di durata iniziato
  • 5 mesi dal quinto anno di durata iniziato
  • 6 mesi dal sesto anno di durata iniziato in poi

Prevede poi una cosa interessante: questi termini di preavviso possono essere ”allungati” ma non “accorciati” (e comunque quello a carico dell’agente non può essere superiore a quello della mandante).

E’ una previsione interessante perchè non è previsto che si possa fare diversamente.

Quindi vuol dire che è impugnabile una “pattuizione” che preveda qualcosa di contrario.

Se il vostro contratto di agenzia risulta regolato solo dal codice civile/legge e nella clausola sulla durata non è previsto nulla di particolare circa la durata dei termini di preavviso (o magari viene fatto solo un rimando all’art. 1750 del codice civile) allora dovrete rifarvi ai termini che ho indicato sopra.

Se invece sono indicati dei termini specifici, dovreste verificare se sono compatibili con le durate previste dall’art. 1750 del codice civile (cioè se questi termini sono più lunghi ma non più corti).

I termini di preavviso per il recesso dell’agente previsti dagli AEC

Veniamo ora ai termini di preavviso previsti dai principali AEC (AEC settore Commercio e AEC settore Industria).

In particolare, questi AEC, in caso di dimissioni dell’agente, prevedono dei termini fissi e indipendenti dalla durata del rapporto.

Questi termini sono di 3 mesi in caso di dimissioni dell’agente plurimandatario, e di 5 mesi in caso di dimissioni dell’agente monomandatario.

Confrontando questi termini con quelli del codice civile però balza all’occhio che non sempre sono corretti.

Nel caso infatti dell’agente plurimandatario, fino a 3 anni (iniziati) di durata del contratto di agenzia i termini sono conformi. Dall’inizio del quarto anno invece i termini di preavviso previsti dal codice civile “crescono” fino al 6 anno, mentre quello dell’AEC rimangono fissi a 3 mesi.

Per quanto detto prima, secondo il codice civile i termini di preavviso possono essere più lunghi ma non più brevi di quelli previsti dalla legge.

Questo è il motivo per cui in certi contratti di agenzia potrete trovare scritto nella clausola sulla durata che i termini di preavviso saranno quelli dell’AEC “o del codice civile se superiori”.

Se dunque il vostro contratto di agenzia è regolato dall’AEC, qualora riceveste le dimissioni da parte di un vostro agente con un preavviso di soli 3 mesi nonostante il contratto risulti in essere da, ad esempio, 10 anni, dovete ricordarvi che il codice civile ne avrebbe previsti 6 di mesi di preavviso per questa anzianità e quindi potete scegliere se contestare o meno questo fatto all’agente.

Beninteso, la mandante non è obbligata a pretendere che l’agente svolga 6 mesi di preavviso. Anzi potrebbe essere ben contenta che ne faccia solo 3.

Tuttavia non sempre i rapporti finiscono nel migliore dei modi e quindi, in presenza di un preavviso di dimissioni inferiore al dovuto da parte dell’agente, la mandante potrebbe avere interesse ed essere legittimata ad addebitargli i mesi mancanti.

Casi particolari: il recesso in periodo di prova e il recesso per giusta causa

Fino a qui abbiamo parlato di ipotesi di dimissioni “normali” dell’agente, cioè a rapporto avviato o senza che sia contestata una giusta causa.

Vanno però considerate altre sue ipotesi di dimissioni:

  • dimissioni dell’agente in periodo di prova
  • dimissioni dell’agente per giusta causa

Si tratta di due ipotesi particolari perché in questi casi il preavviso non è previsto.

Anzi, in caso di recesso per giusta causa il preavviso non deve essere concesso.

La “giusta causa” infatti per legge (art. 2119 codice civile applicabile anche ai contratti di agenzia) è per definizione legale un inadempimento talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto nemmeno temporanea.

Se, dunque, il vostro agente di commercio dovesse comunicarvi le dimissioni per “giusta causa” per chiedervi le indennità di fine rapporto, contestando che siate rimasti inadempienti a qualcosa e nel contempo vi concedesse un preavviso, automaticamente smentirebbe la “gravita’” di quanto vi contesta (indipendentemente che sia vero o meno).

La concessione di un preavviso è infatti incompatibile con la sussistenza di una giusta causa e trasformerebbe le dimissioni in dimissioni “semplici” con tutte le conseguenze in ordine anche al diritto o meno alle indennità di fine rapporto (come l’indennità di clientela o l’indennità meritocratica).

Se sei una casa mandante o un professionista incaricato di verificare se l’agente di commercio ha rispettato i termini di preavviso o hai dei dubbi in proposito puoi saperne di più su di noi e contattarci qui.

Buon lavoro!

Avv. Angela Tassinari

 

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Tempo di lettura: 7 minuti

Sempre più spesso gli agenti di commercio, ricevuta la comunicazione di recesso da parte della casa mandante, richiedono il conteggio non solo dell’indennità di clientela ma anche dell'”indennità meritocratica”.

Indennità meritocraticaCapita altrettanto che la casa mandante si trovi un po’ spiazzata di fronte a questa richiesta.

Magari ne ha sentito parlare ma fin’ora non l’ha mai riconosciuta essendosi limitata fino a quel momento a pagare solo l’indennità di clientela e il FIRR senza particolari questioni da parte dell’agente.

Cosa è quindi l’indennità meritocratica e come si deve comportare la casa mandante di fronte a questa richiesta?

Facciamo quindi anzitutto una breve, anche se non semplice, sintesi del regime delle indennità di fine rapporto dovute all’agente di commercio in caso di cessazione del rapporto da parte della casa mandante.

Valutiamo quindi le differenze tra i vari tipi di indennità e verifichiamo come si debba comportare la casa mandante di fronte alla richiesta non solo dell’indennità di clientela ma anche dell’indennità meritocratica.

Quali sono le indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia

A certe condizioni, spiegate al punto successivo, in caso di cessazione del contratto di agenzia, l’agente ha diritto ad una “liquidazione”, meglio chiamata “indennità di fine rapporto”.

L’indennità di fine rapporto e’ però diversa a seconda delle norme che regolano il contratto di agenzia.

Si parla infatti solitamente di FIRR e indennità di clientela agenti (o indennità suppletiva di clientela) senza però sapere che queste voci non sono previste dalla legge ma dalla contrattazione nazionale, cioè dagli AEC – accordi economici collettivi agenti di commercio dei vari settori (aec commercio, aec industria ecc), che corrispondono in sostanza ai “CCNL”, o “contratti collettivi”, che si applicano ai dipendenti (per sapere cosa sono gli AEC puoi approfondire qui)

E, altra informazione che non sempre si sa, che non e’ sempre obbligatorio regolare il contratto di agenzia in base alla contrattazione nazionale.

E’ infatti anche possibile regolare il contratto di agenzia direttamente in base alla legge (in particolare il codice civile, dagli sett. 1742 e seguenti), “saltando” gli AEC.

In caso di contratto regolato solo e direttamente dalla legge non esiste il FIRR o l’indennità suppletiva di clientela ma solo una indennità chiamata genericamente di fine rapporto, disciplinata dall’art. 1751 del codice civile.

Lo scenario quindi riguardo alle indennità di fine rapporto e’ il seguente:

Se il contratto e’ regolato dall’AEC agenti

si parla di:

  • FIRR
  • Indennità suppletiva di clientela, o indennità di clientela
  • Indennità meritocratixa

Se il contratto di agenzia e’ regolato solo dalla legge (codice civile)

si parla invece solo di in un’unica indennità di fine rapporto, quella dell’art. 1751 del codice civile, a volte chiamata anche “indennità europea” o “indennità meritocratica del codice civile”.

Poiche questa distinzione e’ poco conosciuta peraltro, spesso anche in caso di contratto regolato solo dalla legge le aziende versano il FIRR all’Enasarco, spesso sull’ erroneo presupposto che siccome va versato all’Enasarco non centri nulla con l’indennita di fine rapporto, oppure che sia un obbligo previsto dalla legge oppure che abbia natura contributiva.

Invece si tratta di un versamento che potrebbe non essere dovuto (puoi approdondire questo aspetto qui: FIRR Enasarco: quello che le aziende non sanno).

In ogni caso, se il contratto fosse regolato solo dalla legge ma l’azienda avesse deciso, più o meno consapevolmente, di versare anche il FIRR, queste somme dovranno poi essere dedotte dal conteggio dell’indennità prevista dall’art. 1751 (cioè e’ come se il FIRR fosse un acconto).

Quando è dovuta l’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia

Fatta questa premessa, la seconda cosa che va chiarita subito e’ che l’indennità di fine rapporto, sia che si tratti di quelle degli AEC agenti sia di quella del codice civile (salvo alcune differenze) non e’ sempre dovuta all’agente quando cessa il contratto di agenzia.

Diversamente infatti dal “TFR” (o liquidazione) previsto per i dipendenti che è sempre dovuto anche in caso di dimissioni del lavoratore o di licenziamento per giusta causa, l’indennità di fine rapporto degli agenti di commercio non è sempre dovuta, e dipende dalle cause di cessazione del contratto.

In sostanza, l’indennita di fine rapporto e’ dovuta solo se il contratto cessa non per colpa dell’agente. Non e’ quindi dovuta (e quindi non sono a quel punto dovute nè l’indennità di clientela nè l’indennità meritocratica) negli altri casi. Più nel dettaglio:

Quando è dovuta l’indennità di fine rapporto:

  • in caso di recesso “normale” della mandante (cioè non motivato da un grave inadempimento dell’agente)
  • in caso di dimissioni per giusta causa dell’agente (per un grave inadempimento della mandante)
  • In caso di dimissioni dell’agente individuale (quindi non dell’agente che opera con una sua società, es. sas, snc, srl) motivate da malattia, invalidità, cessazione attività per vecchiaia (e, in caso di applicazione degli A.E.C. anche semplice pensionamento), morte

Quando non è dovuta l’indennità di fine rapporto (e quindi l’indennità meritocratica e di clientela):

  • in caso di recesso per giusta causa della mandante (cioè motivato da un grave inadempimento dell’agente)
  • In caso di dimissioni dell’agente per motivi diversi da quelli indicati sopra

Fa eccezione il FIRR che, se versato dalla casa mandante, e’ di regola sempre dovuto anche in questi casi (salvo una distinzione tra l’AEC Industria e l’AEC Commercio, poiche nel primo caso – settore Industria – in caso di recesso per giusta causa per violazione dell’obbligo di monomandato/non concorrenza o appropriazione indebita di somme, la mandante può far causa per ottenere la restituzione di quanto versato).

Quale è la differenza tra indennità di clientela agenti e indennità meritocratica

Dopo aver fatto queste premesse, torniamo quindi al tema iniziale: quale e’ la differenza tra l’indennita di clientela agenti e l’indennita meritocratica?

Distinguiamo a seconda che il contratto sia regolato da un AEC agenti o solo dalla legge

Se il contratto di agenzia è regolato da uno degli AEC agenti

Abbiamo detto che se il contratto e’ regolato da uno degli AEC agenti di commercio (sia settore Commercio che settore Industria) le voci previste sono il FIRR, l’indennita di clientela e l’indennita meritocratica

Il FIRR si calcola secondo una formula matematica ed e’ sempre dovuto indipendentemente dal merito o dai motivi di cessazione del rapporto.

L’indennita di clientela agenti si calcola secondo una formula matematica e di per sè prescinde dal “merito”.

L’indennita meritocratica dell’AEC si calcola anch’essa secondo una formula matematica (diversa a seconda che l’AEC agenti sia quello del settore Industria anziché quella del settore Commercio) ma ha come presupposto che l’agente sia stato “bravo” e quindi abbia procurato clientela, incrementato il fatturato esistente e abbia lasciato i clienti all’azienda.

Quindi, anche nel caso in cui il risultato del calcolo matematico fosse “positivo” per l’agente, potrebbe esservi spazio per sostenere che questa voce non sia comunque dovuta perché non ricorrono i presupposti di “merito”.

Al contrario, e per complicare ulteriormente le cose, se il calcolo dell’indennità meritocratica desse un risultato negativo, questo non significherebbe automaticamente che l’agente non abbia diritto ad una indennità “meritocratica”, L’agente infatti, secondo la giurisprudenza, potrebbe comunque cercare di “bypassare” l’AEC e pretendere di vedersi riconosciuta direttamente l’indennità di fine rapporto prevista dalla legge (codice civile).

Se il contratto di agenzia è regolato direttamente e solo dalla legge (codice civile)

Se il contratto di agenzia risulta regolato solo dalla legge (codice civile), non si parlerà (o non si dovrebbe, nel senso che la legge non la prevede) dell’ indennità di clientela o dell’indennità meritocratica ma solo di un unica indennità prevista dall’art. 1751 del codice civile, che e’ interamente subordinata al requisito del merito.

Il codice civile in altre parole non prevede una indennità o una voce che sia sempre dovuta a prescindere dal merito.

Questo potrebbe essere un vantaggio. Lo svantaggio però e’ che questa indennità non si calcola secondo una formula matematica (diversamente dall’indennità di clientela e dall’indennità metitocratica prevista dall’AEC).

La misura  dell’indennità di fine rapporto del codice civile e’ infatti stabilita solo riguardo al suo importo “massimo”. Non è infatti previsto come in concreto vada calcolata.

L’importo massimo in particolare e’ pari alla media annua delle provvigioni maturate dall’agente negli ultimi 5 anni di durata del rapporto di agenzia (o del minor periodo di durata del contratto di agenzia)

Di conseguenza, specie quando non e’ agevole quantificare l’apporto o il merito dell’agente o sorgano discussioni al riguardo, e’ facile che si aprano questioni  riguardo l’ammontare di questa indennità. Questioni che possono poi sfociare in contenziosi.

Va sempre ricordato comunque che, laddove si sia proceduto al versamento del FIRR nonostante il contratto sia regolato solo dal codice civile, il FIRR costituirà una sorta di acconto a tutti gli effetti quindi da dedurre dal conteggio della somma massima prevista dall’art. 1751 cc.

Riepilogo delle differenze tra indennità di clientela e indennità meritocratica

  • l’indennità suppletiva di clientela o indennità di clientela agenti è una voce dell’indennità di fine rapporto prevista (solo) dagli AEC agenti che si calcola secondo una formula matematica e che prescinde dal merito dell’agente o da quale sia stato il suo apporto durante il contratto di agenzia
  • l’indennità meritocratica è una voce prevista dagli AEC agenti o può essere intesa come l’indennita prevista dalla legge (codice civile)
  • in entrambi i casi (indennità meritocratica dell’AEC o del codice civile), l’indennità meritocratica ha come presupposto il “merito” dell’agente
  • se si tratta dell’indennità meritocratica disciplinata dagli AEC agenti, si calcola secondo una precisa formula matematica
  • se si tratta dell’indennità di fine rapporto del codice civile, è previsto solo un importo massimo. L’importo esatto va negoziato o va fatto decidere dal giudice all’esito di una causa. In ogni caso va dedotto il FIRR laddove sia stato versato.

Come si deve comportare la casa mandante se viene richiesta l’indennità meritocratica oltre all’indennità di clientela

Sulla base di quanto sopra, qualora a fronte della cessazione di un contratto di agenzia l’agente facesse richiesta alla casa mandante dell’indennità meritocratica, la casa mandante dovrebbe:

  • verificare anzitutto le cause di cessazione del contratto di agenzia
  • verificare se il contratto di agenzia è disciplinato dall’AEC agenti e di quale settore sia (se ad esempio AEC Commercio o AEC Industria) oppure solo dal codice civile (senza confondere che il settore – commercio o industria – dipende dalla casa mandante e non dal fatto che l’agente sia una agente di “commercio”)
  • verificare se l’agente è “meritevole”, vale a dire se nel corso del rapporto di agenzia ha procurato nuovi clienti, incrementato il fatturato di quelli assegnati e l’azienda continui a lavorare con questi clienti

Qualora risulti che l’agente sia stato in qualche misura “meritevole” (o anche solo per capire di che cifre si sta parlando):

  • se il contratto di agenzia è regolato dall’AEC, fare il conteggio dell’indennità meritocratica
  • se il contratto è regolato solo dal codice civile, calcolare l’importo l’importo massimo previsto dalla legge e verificare se è stato versato il FIRR (che sarà poi da togliere)
  • in base alle risultanze, verificare l’opportunità di una negoziazione

Non sono temi semplici, ci rendiamo conto, specie riguardo anche la valutazione del merito dell’agente. Spesso è importante anche poter contare su casistiche già affrontate e conoscere come anche i giudici applichino nel concreto i temi sopra descritti.

Da parte nostra affianchiamo quindi sia direttamente la casa mandante che si trovi in questa situazione, sia anche i suoi consulenti che non “maneggino” abitualmente la materia.

Se sei quindi una casa mandante o un professionista incaricato di effettuare i conteggi o di valutare quali indennità di fine rapporto siano dovute e hai dei dubbi in proposito puoi saperne di più su di noi e contattarci qui.

Buon lavoro!

Avv. Angela Tassinari

Per ulteriori approfondimenti sul tema dell’indennità di fine rapporto ti rimandiamo anche a questi temi:

Indennità di fine rapporto e pensionamento dell’agente di commercio

Indennità suppletiva di clientela: fino a quando va calcolata?

Indennità di fine rapporto agenti: fai attenzione ai contratti di vecchia data

 

 

 

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aec commercioL’AEC Commercio è uno degli “Accordi Economici Collettivi” degli agenti, stipulati, da una parte, dalle associazioni di categoria delle case mandanti, e, dall’altra parte, dai sindacati degli agenti, per disciplinare il contratto di agenzia in base al settore di operatività della mandante (commercio, industria, piccola e media industria…).

L’AEC Commercio non è quindi l’unico accordo economico collettivo agenti esistente e non si chiama così perchè si riferisce agli agenti “di commercio”, bensì perchè si applica agli agenti di commercio incaricati da case mandanti che operano nel “settore commercio”.

Vediamo meglio.

AEC Commercio: in generale

Cos’è un AEC agenti

AEC è una sigla che sta per “Accordo – Economico – Collettivo”.

Come i lavoratori dipendenti hanno il CCNL (Contratto – Collettivo – Nazionale – di Lavoro),  gli agenti di commercio hanno l’Accordo Economico Collettivo Agenti (AEC), che non è altro che il CCNL agenti di commercio.

Si chiama accordo economico collettivo agenti perchè è firmato dalle associazioni di categoria per le imprese (come Confcommercio o Confindustria) e dai sindacati per gli agenti (come Fnaarc, Usarci, Federagenti, Ugifai), e non dalla singola impresa e dal singolo agente.

A cosa serve e come funziona un AEC agenti

Come i CCNL dei dipendenti, gli AEC agenti commercio contengono norme che vanno ad integrare e a modificare, ove possibile, quelle previste dalla legge sul contratto di agenzia.

Le norme degli AEC possono poi integrare quelle del singolo contratto di agenzia, mentre il singolo contratto di agenzia non sempre può derogare all’AEC.

Quindi nell’ordine di importanza delle norme abbiamo, partendo dalla principale:

  1. le norme di legge (art. 1742 e seguenti del codice civile) (che a loro volta dipendono dalle norme “europee”)
  2. gli AEC agenti commercio
  3. il contratto individuale di agenzia

Quanti AEC agenti ci sono

Non c’è un solo AEC agenti commercio, ma ce ne sono più di 10.

Gli AEC agenti si differenziano in base al settore in cui operano le mandanti e in base a quali associazioni e quali sindacati li hanno firmati.

Diverse sono infatti le associazioni di categoria sia delle case mandanti che degli agenti.

Per le case mandanti abbiamo ad esempio: Confcommercio, Confindustria, Confapi…

Per i sindacati degli agenti abbiamo: Fnaarc, Cisal Federagenti, Usarci, UGIFAI …

I settori in cui operano le mandanti sono raggruppati come segue:

  • settore commercio (che comprende terziario, servizi, turismo)
  • settore industria
  • settore piccola e media industria
  • settore artigianato

Per ciascuno di questi settori, singolarmente o raggruppati, possono esserci più AEC agenti a seconda di chi li ha firmati.

Solo alcuni però sono firmati dalle associazioni di categoria più “note” delle case mandanti come Confcommercio, Confindustria, Confapi.

Altri sono firmati da altre associazioni delle mandati (come CIDEC – Conferedazione Italiana degli Esercenti Commercianti), Confazienda, Fedimpresa, Unica

L’AEC agenti è obbligatorio?

La questione è complessa, ma possiamo cercare di semplificare dicendo che:

  • l’accordo economico collettivo agenti è obbligatorio se il contratto di agenzia individuale contiene il richiamo ad un AEC.
  • se il contratto di agenzia individuale non richiama nè direttamente nè indirettamente un AEC agenti, allora l’AEC è obbligatorio se la casa mandante aderisce ad una delle associazioni di categoria che ha firmato uno degli accordi economici collettivi agenti e l’agente ne richiede l’applicazione, oppure se negli anni la casa mandante si è comportata come se lo ritenesse applicabile
  • se la mandante non aderisce a nessuna associazione di categoria e il contratto di agenzia individuale non richiama un AEC agenti, si applicano solo le norme di legge, cioè quelle previste dal codice civile (art. 1742 e ss.)

Da questo si deduce che se la casa mandante non è iscritta a nessuna associazione di categoria, potrà redigere un testo di contratto di agenzia in cui esclude l’applicazione degli AEC.

Cosa succede se non si applica l’AEC agenti?

Non applicare l’AEC richiederebbe anzitutto una redazione del contratto di agenzia individuale più dettagliata (perchè non c’è il rimando all’AEC)

Altre differenze tra AEC e le sole norme previste dalla legge riguardano:

  • se si applica solo la legge non c’è obbligo di calcolare e versare il FIRR
  • i termini di preavviso tra AEC e la legge sono diversi
  • la legge non prevede cosa succede in caso di malattia, infortunio, gravidanza
  • la legge non prevede la possibilità per la mandante di fare variazioni unilaterali (cioè senza accordo con l’agente)
  • la legge non stabilisce un compenso specifico, oltre alle provvigioni, in caso di incarichi accessori (come di coordinamento)
  • la modalità di calcolo delle indennità di fine rapporto è diversa

La scelta quindi di escludere l’AEC deve essere ben ponderata.

AEC Commercio: a quale AEC agenti si riferisce?

Quando si dice o scrive semplicemente “AEC Commercio” si intende di solito l’Accordo Economico Collettivo  firmato dalle più note associazioni delle mandanti che operano nel settore commercio, vale a dire Confcommercio, Confcooperative e Confesercenti e, per gli agenti, dai sindacati Fnaarc, Fiarc, Usarci.

Si dice quindi AEC “Commercio” perchè si applica di regola agli agenti che sono incaricati da case mandanti che operano nel settore Commercio.

L’AEC Commercio quindi non è l’unico AEC agenti commercio vigente e non si chiama così perchè riferito agli agenti “di commercio”, bensi perchè riferito alle case mandanti che operano in quello specifico settore.

L’AEC Commercio attualmente in vigore è stato stipulato il 16.2.2009 ed è stato modificato nel 2010 e nel 2017.

L’AEC Commercio viene quindi anche chiamato AEC settore Commercio o AEC Commercio 2009.

Gli altri principali AEC agenti

Oltre all’AEC settore Commercio, gli altri pricipali AEC agenti sono:

  • l’AEC Industria (anche detto AEC Industria 2014 o AEC settore Industria) che comunemente si riferisce all’AEC firmato da Confindustria quale associazione per le mandanti. Quello attualmente vigente è stato firmato il 30.7.2014
  • l’AEC Piccola e Media Industria (anche detto AEC PMI 2014 o AEC settore Piccola e Media Industria) che si riferisce all’AEC firmato da Confapi (Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata) per le case mandanti. Di regola è del tutto analogo all’AEC Industria. Quello attualmente vigente è stato firmato il 17.9.2014

Gli altri AEC firmati da associazioni diverse da quelle indicate, solitamente vengono indicati nei contratti di agenzia con la loro data di stipula in modo da poter essere meglio identificati. Oppure si risale ad essi in base all’associazione di categoria cui aderisce la casa mandante (ad esempio: l’AEC agenti 22.4.2013 – che vale per il settore Commercio, Industria e Artigianato – è quello firmato da CIDEC per le mandanti e da CISAL FEDERAGENTI per gli agenti).

AEC Commercio: cosa prevede

L’AEC Commercio contiene una serie di articoli che vanno ad integrare le norme di legge, se la legge nulla dispone, oppure, dove possibile, prevede delle deroghe alle norme di legge.

Il contratto individuale, dal canto suo, non sempre può derogare alle norme dell’AEC Commercio.

Ricordiamoci infatti che le norme principali sono quelle previste dalla legge e per ultimo quelle del  contratto individuale.

Di seguito le norme più particolari dell’AEC Commercio:

Variazioni unilaterali del contratto (art. 3)

Questa clausola è molto importante per le case mandanti perchè prevede la possibilità di ridurre, a certe condizioni, i principali aspetti del contratto di agenzia anche senza il consenso dell’agente.

L’AEC Commercio prevede infatti che la Casa Mandante possa ridurre unilateralmente: zona, provvigioni, clienti, prodotti

Per farlo, la casa mandante deve seguire una procedura particolare e fare specifiche verifiche.

Questa possibilità di variazione unilaterale infatti non è indiscriminata ma soggetta a regole ben precise che si basano sull’incidenza della riduzione.

Laddove la riduzione faccia perdere più del 20% delle provvigioni calcolate sull’anno precedente, l’agente ha diritto di interrompere il contratto per colpa della mandante e diritto alle indennità di fine rapporto.

Trattandosi di riduzioni sarebbe sempre preferibile che l’agente fosse d’accordo, ma se non lo fosse, l’art. 3 dell’AEC Commercio disciplina come fare.

Per conoscere nel dettaglio la procedura e le condizioni puoi trovare qui le informazioni che ti servono.

Attenzione al fatto che quando la casa mandante chiede all’agente di restituire la comunicazione di riduzione firmata per accettazione non sta facendo una “riduzione unilaterale” ma solo un “proposta di riduzione”.

“Riduzione unilaterale” e “proposta di riduzione” sono due cose ben diverse, con forme e conseguenze molto differenti.

Compensi aggiuntivi per incarichi accessori (art. 5)

In caso di conferimento di incarichi accessori alla vendita come

  • incasso delle fatture alla scadenza
  • coordinamento di altri agenti

l’AEC Commercio prevede l’obbligo di riconoscere uno specifico compenso in aggiunta alla provvigione

Da tenere presente che l’indennità di incasso non è dovuta se l’agente si limita a riscuotere gli insoluti.

In caso di compenso di coordinamento, poi, secondo la giurisprudenza più recente è possibile escluderlo dalla base di calcolo delle indennità di fine rapporto.

Malattia e infortunio (art. 9)

Questo articoli prevedono la procedura da seguire in caso di malattia e infortunio.

Sostanzialmente, in caso di uno di questi eventi,  sia la ditta sia l’agente possono chiedere che il rapporto rimanga sospeso per 6 mesi durante i quali il rapporto non può essere interrotto.

In questo periodo la ditta può nominare altri agenti.

Gravidanza (art. 10)

In caso di gravidanza e puerperio (adozione e affidamento), l’agente (non la mandante) ha diritto di chiedere che il rapporto venga sospeso fino a 12 mesi entro cui deve ricadere la data del parto.

In questo periodo la ditta può nominare altri agenti

Preavviso (art. 11)

In caso di contratto a tempo indeterminato, l’AEC Commercio stabilisce i termini di preavviso da concedere sia da parte della mandante sia da parte dell’agente.

Si differenziano a seconda che l’agente sia monomandatario o plurimandatario.

Per la mandante si differenziano anche in base alla durata del contratto.

Per l’agente, invece, il preavviso è fisso per qualsiasi anzianità di servizio.

Attenzione al fatto che i termini previsti per l’agente non sempre sono corretti rispetto a quelli previsti dalla legge (Art. 1750 codice civile)

FIRR, Indennità suppletiva di clientela, Indennità meritocratica (artt. 12-13)

Sono le tre componenti dell’indennità di fine rapporto previste dall’AEC Commercio.

Anche il FIRR quindi fa parte a tutti gli effetti dell’indennità di fine rapporto.

Il FIRR non è previsto dalla legge ma solo dall’accordo economico collettivo.

Per questo motivo, le mandanti che non aderiscono al contratto collettivo e non richiamano l’accordo collettivo nel contratto di agenzia non sono obbligate a versare il FIRR all’Enasarco.

Il FIRR per l’AEC Commercio è sempre dovuto in qualunque caso di cessazione del rapporto, anche quindi se il rapporto cessa per giusta causa della mandante (ad esempio per concorrenza sleale)

L’indennità suppletiva di clientela, è la seconda componente dell’indennità di fine rapporto.

E’ dovuta solo se il contratto cessa per colpa della casa mandante o per dimissioni “qualificate” dell’agente per pensionamento, morte, invalidità (in questi casi solo se il rapporto è in essere da almeno un anno)

Attenzione che gli eventi pensionamento, morte e invalidità, riguardano solo gli agenti persone fisiche e non i soci degli agenti organizzati in forma di società (come s.a.s., s.n.c. o s.r.l.)

l’Indennità meritocratica è la terza componente. E’ stata aggiunta già dal 2002 ma solo con l’AEC Commercio del 2009  può raggiungere importi importanti.

E’ dovuta se ricorrono i requisiti previsti dall’art. 1751 c.c. (che sono leggermente diversi rispetto a quelli previsto per l’indennità suppletiva di clientela) e sempre che in base al conteggio risulti un importo positivo.

La somma di FIRR + suppletiva di clientela + indennità meritocratica non può superare la soglia massima prevista dall’art. 1751 c.c. del codice civile, vale a dire la media annua delle provvigioni degli ultimi 5 anni di durata del rapporto (o del minor periodo di durata)

Però se FIRR + indennità suppletiva di clientela superano tale soglia, queste due voci rimangono dovute per intero.

La questione del rapporto tra queste tre componenti e l’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 c.c. è piuttosto complessa.

Diciamo che le componenti previste dall’accordo collettivo costituiscono a certe condizioni una sorta di indennità minima, rispetto a quella del codice civile.

Patto di non concorrenza (art. 8)

Questo articolo prevede come calcolare il compenso per il patto di non concorrenza previsto per il periodo successivo alla cessazione del rapporto.

Il compenso è escluso solo nel caso in cui l’agente sia organizzato come società per azioni con 2 o più soci.

Attenzione che l’AEC settore Commercio prevede che il compenso vada pagato “inderogabilmente” in un’unica soluzione e solo alla fine del rapporto.

Le clausole del contratto di agenzia che riconoscono il compenso già durante il rapporto sotto forma di percentuale della provvigione devono essere attentamente vagliate per evitare che la mandante si ritrovi alla fine a dover pagare il patto due volte.

AEC Commercio: ammontare delle provvigioni

L’AEC Commercio, così come tutti gli altri AEC agenti, non contiene alcuna tabella contenenti minimi provvigionali.

Diversamente dai CCNL dei lavoratori dipendenti, la determinazione e la quantificazione della provvigione è infatti del tutto libera.

Per libertà si intende naturalmente che le parti possono liberamente predeterminare in contratto come calcolare la provvigione, e non che la mandante possa di volta in volta a propria discrezione riconoscere la provvigione che vuole!

L’unico vincolo da rispettare è la variabilità della provvigione in base agli ordini procurati.

In altre parole, è incompatibile con un contratto di agenzia riconoscere unicamente una provvigione fissa indipendentemente dagli ordini, perchè il contratto potrebbe essere impugnato come di lavoro subordinato.

Rispettato questo principio, gli accordi su come quantificare la provvigione sono del tutto liberi.

Buon lavoro!

 

 

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Patto di prova nel contratto di agenzia: sai pattuirlo nel modo giusto?

patto di prova nel contratto di agenziaPartiamo anzitutto con il dire a cosa serve il patto di prova nel contratto di agenzia e quindi perchè è importante poterlo prevedere.

Come dice la parola stessa, il patto di prova serve per “provare” l’agente (e viceversa l’agente può “provare” la mandante).

Questo ha il vantaggio che, qualora non di gradimento, il contratto di agenzia può essere interrotto senza dover rispettare alcun preavviso.

Il patto di prova quindi è un periodo in cui le parti possono in sostanza derogare ai termini di preavviso previsti dal codice civile o dagli A.E.C. che andrebbero altrimenti concessi in caso di recesso da un contratto di agenzia a tempo indeterminato.

Se invece il contratto di agenzia è a tempo determinato, il patto di prova consente di interrompere anticipatamente il contratto anche in mancanza di giusta causa.

In sostanza per la mandante è un bel risparmio perchè può liberare subito la zona e senza dover pagare le provvigioni per tutto il preavviso (o peggio, per tutta la durata fino alla scadenza del contratto di agenzia se a tempo determinato).

Il patto di prova nel contratto di agenzia può essere un bel risparmio per la mandante

Facciamo un esempio: si pensi al caso dell’agente monomandatario con esclusiva incaricato  a tempo indeterminato con contratto regolato dall’A.E.C. (settore Industria o Commercio è uguale). Senza patto di prova la mandante è sin da subito tenuta a rispettare un preavviso di mesi 5. Quindi, in mancanza del patto di prova, se la mandante decidesse di interrompere il contratto, dovrebbe riconoscere le provvigioni per altri 5 mesi. Se oltre alle provvigioni la mandante avesse riconosciuto anche un fisso, ecco che dovrebbe riconoscere il fisso per altri 5 mesi. In più, a meno di pagare subito l’indennità sostitutiva, la mandante rimane con la zona “bloccata” per 5 mesi.

Con un patto di prova (valido) questo si può evitare e dunque la mandante potrebbe risparmiare questi 5 mesi.

Detto questo, cosa bisogna sapere per prevedere un patto di prova valido nel contratto di agenzia?

Partiamo con il fatto che la legge non dice nulla riguardo il patto di prova nel contratto di agenzia. Quindi non c’è un articolo del codice civile o di qualche altra legge che ne parli.

La legge disciplina semmai il patto di prova con i lavoratori dipendenti (art. 2096 codice civile). La Cassazione ha però escluso che il contratto di agenzia sia assimilabile a quello di lavoro dipendente. Quindi quelle norme non si applica al contratto di agenzia (sentenza n. 11405 del 13.5.2013).

Quindi si è anzitutto posta la questione se si potesse inserire un patto di prova nel contratto di agenzia.

In mancanza di previsioni legislative, è venuta in soccorso la giurisprudenza.

Dopo alterne vicende da parte dei giudici di merito, la Cassazione con sentenza n. 544 del 22.1.1991 ha ritenuto che si poteva fare.  Quindi ha stabilito che era lecito inserire un patto di prova nel contratto di agenzia per il periodo iniziale.

Tale principio non ha trovato successive smentite ed anzi è stato avvalorato anche dai due principali Accordi Economici Collettivi. Questi A.E.C., pur non disciplinando espressamente il patto di prova, ne fanno un rapido accenno quando parlano dei contratti a termine (per dire che vale solo il patto di prova previsto nel primo rapporto) (art. 4 A.E.C. settore Industria 2014 e art. 2 A.E.C. settore Commercio 2009). In questo modo hanno quindi dato per scontato che il patto di prova si possa inserire. Segnalo anche che c’è un altro A.E.C. che ne parla ancora più espressamente ma non è tra i più diffusi. Si tratta dell’A.E.C. CNAI – Federagenti del 22.4.2013, all’art. 10.

Riguardo alla “forma” che deve essere rispettata affinchè il patto possa essere fatto valere, pur non essendo applicabile l’obbligo di forma scritta previsto per il rapporto dipendente, la pattuizione va provata per iscritto e quindi la forma “scritta” diventa in pratica obbligatoria.  

Per forma “scritta” si intende che la clausola sia di regola scritta all’interno del (primo) contratto di agenzia.

Affinchè poi non sorgano questioni di sorta, il contratto deve essere anche firmato dell’agente e non soltanto inviato all’agente ed essere in attesa di essere restituito firmato (come delle volte capita).

Siccome la prova riguarda il periodo iniziale, l’agente non deve essere già stato provato “fuori contratto”. Anzi, se anzichè usare il patto di prova nel contratto di agenzia pensi di utilizzare sistemi diversi, ti suggerisco questo post sui rischi a cui puoi andare incontro.

Rispetto alla durata, mancando anche in questo caso una disciplina legale, non è prevista una durata massima prestabilita.

Per la citata Cassazione la durata deve comunque essere limitata al tempo necessario e sufficiente per compiere la valutazione.

Si suggerisce di regola di non oltrepassare i mesi 6 che per prassi consolidata è un termine ritenuti accettabile.

Eventuali termini più lunghi devono essere giustificati e giustificabili da particolari caratteristiche dell’attività del preponente. Ad esempio, quando l’attività è “stagionale”, come nel caso del settore dell’abbigliamento. Sono situazione che devono comunque essere valutate caso per caso.

Se decidi di inserire un patto di prova in un contratto a tempo determinato, per non “snaturare” la natura del patto la sua durata dovrà essere proporzionata alla durata del contratto. Non puoi fare cioè “tutta prova”, a meno di considerare il contratto a tempo determinato una prova di per sè, ma quello è un altro discorso.

Ricorda che qualora la durata fosse ritenuta eccessiva, l’agente potrebbe invocare la nullità del patto di prova. Potrebbe quindi chiedere, in caso di recesso, che la mandante gli riconosca il preavviso ordinario. Se invece il contratto fosse a tempo determinato, potrebbe chiedere che la mandante gli riconosca tutte le provvigioni fino a scadenza.

Se il patto di prova nel contratto di agenzia è nullo, l’agente può chiedere tutte le provvigioni del preavviso ordinario

E’ inoltre buona cosa prevedere espressamente che le parti possono interrompere il rapporto anche nel corso del periodo di prova (senza quindi dover attendere la fine).

In caso di successione di contratti (o perchè a tempo determinato o perchè decidi di sostituire il testo del contratto dopo una revisione), varrà solo il patto di prova contenuto nel primo contratto (per la ragione che dopo il primo periodo di prova l’agente deve ormai ritenersi “provato”).

Inoltre, se decidi di fare una revisione dei contratti e li fai rifirmare agli agenti, bada se ci sono ancora agenti in prova: per loro andrà previsto a parte che il patto di prova nel nuovo contratto è una continuazione del precedente e quindi scadrà dopo 6 mesi dal primo contratto.

Per ricapitolare quindi:

  1. il patto di prova va messo per iscritto all’interno del contratto che deve essere firmato dall’agente
  2. la durata è meglio che non superi i 6 mesi, salvo casi eccezionali da valutare di volta in volta
  3. nella clausola è meglio prevedere che le parti possono interrompere il periodo di prova in qualunque momento anche prima della scadenza

Inoltre fai attenzione che:

  1. se fai più contratti di agenzia a tempo determinato o se nel corso del rapporto decidi di sostituire il testo del contratto con un altro, il patto di prova vale solo per il primo contratto;
  2. se per caso fai firmare un nuovo contratto ad un agente che è ancora in prova, devi regolare la continuazione del periodo di prova tra i due contratti.

Tema diverso dal preavviso è quello relativo al diritto alle indennità di fine rapporto in caso di cessazione per mancato superamento della prova.

La tematica è delicata perchè il periodo di prova può non escludere di per sè automaticamente le indennità di fine rapporto (le sentenze italiane ed europee sul punto hanno avuto divergenze).

Diciamo che, considerato il motivo dell’interruzione del rapporto e supponendo dunque che l’andamento del rapporto sia stato insufficiente, anche l’eventuale rischio economico delle indennità può essere destinato a rimanere contenuto.

Hai ancora dei dubbi? Clicca qui per sapere cosa possiamo fare per te!
Buon lavoro

Avv. Angela Tassinari

Avvocato Angela Tassinari Linkedin

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Esclusiva di zona:  fin dove arriva il diritto di esclusiva dell’agente?

Esclusiva di zonaParlando con le aziende e analizzando i loro contratti, mi viene ancora talvolta riferito che gli agenti ritengano che, avendo loro assegnato una zona in esclusiva, non sia legittimo pattuire restrizioni od esclusioni all’interno della stessa area geografica.

Sottolineo anzitutto la parola “pattuizione” perchè non mi sto riferendo all’ipotesi in cui la mandante unilateralmente decida di cambiare le carte in tavola, bensì all’ipotesi in cui ciò venga fatto sulla base di un accordo, se non già all’interno del contratto stesso.

Inoltre, preciso che siamo nell’ipotesi in cui l’azienda intenda mantenere l’esclusiva all’agente perchè non è interessata a  mettere più agenti in concorrenza tra loro (che riguarda invece l’ipotesi degli agenti “non” in esclusiva), ma al più è interessata a potersi muovere direttamente in certi ambiti senza riconoscere provvigioni.

Ora, quando viene conferito il mandato di agenzia, l’agente si troverà a vendere:

  • in una zona
  • certi prodotti
  • ad una platea di clienti e/o canali di vendita

Si tratta di tre “filtri” che fisiologicamente si vengono a creare rispetto ai quali le parti possono liberamente stabilire l’ampiezza e le caratteristiche.

La zona quindi è solo uno dei “filtri” sui quali viaggerà l’attività dell’agente, ma non è dunque necessariamente l’unico.

Cosa significa quindi dire che l’agente “ha l’esclusiva di zona“?

Si tratta di una formula “semplificata” per dire che, all’interno della zona assegnata, l’agente avrà l’esclusiva limitatamente ai prodotti e alle categorie di clientela o canali di vendita che gli sono stati assegnati.

L’esclusiva di zona è una formula semplificata per dire che l’agente ha l’esclusiva sulla vendita dei prodotti e rispetto alle categorie di clientela o canali di vendita assegnati, all’interno di una determinata area geografica

Per prodotti e categorie di clientela non assegnati quindi, ancorchè all’interno della stessa area geografica, la mandante potrà operare liberamente o tramite altri agenti.

E’ dunque fondamentale l’analisi dei “filtri” che l’azienda intende o non intende porre rispetto all’attività dell’agente, perchè da essi dipende l’ampiezza dell’esclusiva di zona dell’agente, e di conseguenza la libertà di azione della mandante al di fuori di essa.

La mandante in particolare può concedere all’agente una zona senza alcun filtro rispetto alla clientela e ai prodotti.

Questa è a mio avviso l’ipotesi meno ponderata poichè in questo modo l’azienda mette nelle mani dell’agente l’intera zona e si troverà con le mani completamente legate.

A seguito di una corretta analisi invece, la mandante può “filtrare” e circoscrivere l’estensione del mandato e quindi, oltre a identificare una zona, stabilire verso quale tipo esattamente  di clientela l’agente deve unicamente rivolgersi (ad esempio solo nei confronti dei rivenditori all’ingrosso e/o rivenditori al dettaglio, e/o installatori, piuttosto che solo nei confronti di tipologie di clientela tipiche del proprio settore) e stabilire esattamente le linee di prodotti che l’agente deve promuovere.

Un altra modalità per “filtrare” è quella di assegnare una zona e, anzichè specificare presso quali tipologie di clientela deve andare o quali prodotti deve vendere, procedere per esclusione e quindi prevedere quali siano le tipologie di clientela presso cui non può andare o i prodotti che non può vendere.

In questo caso all’agente viene concessa una zona e pattuito che può muoversi ovunque tranne che nei confronti di certe tipologie di clientela, o senza poter vendere certe linee di prodotto.

I due criteri si possono combinare e quindi, ad esempio, all’agente può essere concessa una zona (esempio Lombardia), assegnata una categoria di clientela (rivenditori al dettaglio) ed esclusa una “sottocategoria” (tranne la “grande distribuzione”)

Quale che sia la scelta, l’esclusiva di zona riguarderà tutto ciò entro cui l’agente può muoversi ed operare, e solo quello.

Al contrario, quindi, su tutto ciò presso cui l’agente non può operare, pur all’interno della stessa area geografica, l’agente non solo non avrà l’esclusiva ma sarà considerato “fuori zona”.

Per “fuori zona” si intende non solo al di fuori dell’area geografica, ma anche al di fuori dei prodotti e delle categorie di clientela o canali di vendita assegnati anche se all’interno della stessa area geografica

Di conseguenza, esemplificando, se al mio agente assegno la Lombardia e come tipologia di clientela solo i rivenditori al dettaglio, ad esclusione della grande distribuzione, l’agente non è autorizzato ad operare ad esempio presso i rivenditori all’ingrosso (così come presso tutte quelle categorie di clientela che non rientrano nella definizione di rivenditori al dettaglio) nè presso la grande distribuzione.

Conseguentemente i rivenditori all’ingrosso e la grande distribuzione costituiscono un “fuori zona” per l’agente, presso i quali l’agente non può andare e la mandante è libera di operare liberamente, fino a nominare anche altri agenti che abbiano a loro volta l’esclusiva.

Pur infatti operando nella stessa area geografica, i due agenti sono destinati a non incontrarsi perchè ciascuno ha una specifica area di operatività (dove va uno non va l’altro e viceversa) e quindi è escluso che si sovrappongano.

Idem se seleziono  le linee di prodotto assegnate all’agente. Sulle linee non assegnate all’agente, la mandante può operare liberamente pur riguardando la stessa zona e le stesse tipologie di clientela (altro è la gestione operativa, ma concettualmente funziona cosi).

In tutti i casi quindi in cui, pur avendo concesso l’esclusiva di zona, la mandante ha avuto cura di “filtrare” esattamente verso chi e cosa vendere, tutto il resto per l’agente è un “fuori zona”.

Su tutto quanto è “fuori zona”  nel senso sopra indicato (quindi anche se si rimane all’interno della stessa area geografica) la mandante è libera di operare direttamente o di nominare altri agenti a loro volta in esclusiva.

Una volta peraltro ben identificato l’ambito di operatività in esclusiva dell’agente, è ben possibile anche prevedere che al di fuori di essa, anzichè non poter operare del tutto, l’agente possa operare non in esclusiva, magari anche solo rispetto alla mandante.

In altre parole è ben possibile sia escludere del tutto dal campo di operatività dell’agente il “fuori zona”, sia assegnarlo non in esclusiva anche solo rispetto alla mandante.

Il “fuori zona”, pur all’interno della stessa area geografica, può essere completamente escluso all’agente oppure assegnato non in esclusiva

Fondamentale in tal caso disciplinare adeguatamente ciò che è in esclusiva da ciò che non lo è per evitare che l’agente possa vantare pretese di esclusività sull’intero ambito in cui ha operato e quindi contestare di aver diritto a provvigioni indirette, se non pretendere di interrompere il rapporto per giusta causa.

Se sei una Casa Mandante e ti interessa capire se ci sono spazi per poterti muovere all’interno della zona del tuo agente, clicca qui per sapere di più su cosa possiamo fare per te.

Buon lavoro!

Avv. Angela Tassinari

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Trasferimenti d’azienda e contratti di agenzia, fusioni e incorporazioni societarie…. Se sei una Casa Mandante con una rete di agenti e devi gestire un passaggio di azienda, devi ricordarti dell’Enasarco!

trasferimenti d'azienda e contratti di agenziaEcco come funziona per non incorrere in sanzioni per ritardata o mancata iscrizione degli agenti nella nuova azienda.

Dal punto di vista del diritto civile, diciamo che di regola i contratti di agenzia “passano” da una azienda all’altra senza interruzione. Quindi non c’è bisogno che i contratti di agenzia vengano fatti cessare.

Anche l’Enasarco segue questa regola e quindi, in caso di trasferimenti d’azienda e contratti di agenzia, consente il passaggio della posizione contributiva dell’agente da una azienda all’altra senza nessuna interruzione.

In particolare, secondo le istruzioni contenute nel sito internet dell’Enasarco, in caso di fusioni, fusioni per incorporazione, cessioni o conferimenti d’azienda o ramo d’azienda e fattispecie giuridiche similari, nelle quali i contratti di agenzia vengono trasferiti, è necessario comunicare l’evento alla Fondazione Enasarco, inviando una comunicazione a testo libero da cui risulti:

a) la fattispecie giuridica intervenuta (se cessione d’azienda, fusione, ecc.)

b) dati anagrafici e fiscali delle ditte coinvolte

c) eventuale assunzione da parte della ditta cessionaria di debiti e crediti della cedente

d) copia dell’atto notarile che ha regolato l’operazione, anche soltanto della parte in cui si evidenzino le notizie richieste alle lettere a) e c) su indicate.

e) elenco aggiornato degli agenti che transitano da un’azienda all’altra o eventuale data di cessazione (può essere utilizzata copia dell’ultima distinta).

Tale documentazione dovrà poi essere inviata in forma cartacea alla sede dell’Enasarco presso l’apposito ufficio, oppure inviata via fax.

In pratica, inviando la documentazione richiesta, l’Enasarco procederà al passaggio degli agenti in capo alla nuova società, senza quindi necessità di procedere alla loro cessazione e nuova iscrizione da parte rispettivamente della vecchia e della nuova società.

Conseguentemente, il FIRR già accantonato dall’azienda precedente non verrà liquidato ma “transiterà” sulla posizione dell’agente in capo alla nuova mandante e verrà riconosciuto direttamente alla fine del rapporto con la nuova mandante.

Trasferimenti d’azienda e contratti di agenzia: in caso di passaggio della posizione contributiva da una azienda all’altra, il FIRR non viene liquidato

Talvolta, peraltro, in presenza di trasferimenti d’azienda e contratti di agenzia, le due società preferiscono cessare i contratti di agenzia con la vecchia mandante e stipulare ex novo i contratti con la nuova mandante.

Si tratta di una scelta possibile, considerato che gli agenti di commercio non sono lavoratori dipendenti (per i quali invece c’è una norma apposta che prevede l’obbligo del passaggio) e quindi le parti sono un po’ più libere di decidere cosa fare.

Spesso tale scelta viene effettuata per consentire all’agente la riscossione del FIRR accantonato dalla vecchia mandante fino a quel momento, o perchè la nuova azienda preferisce chiudere con il passato e far liquidare le indennità di fine rapporto da parte della vecchia mandante.

In tal caso, la cessazione dei rapporti andrà trattata in via ordinaria e dunque con comunicazione all’Enasarco di chiusura del mandato di agenzia da parte della vecchia mandante e comunicazione di conferimento di nuovo mandato da parte della nuova, nel consueto termine di 30 giorni (sul tema di come e quando chiudere la posizione Enasarco può trovare ulteriori indicazioni nel mio post Chiusura posizione Enasarco agenti: quando farla) .

Ti devi poi ricordare, se sei la nuova azienda che subentra, di verificare se sei una mandante già iscritta all’Enasarco oppure devi fare la procedura di iscrizione! Affinchè l’Enasarco possa infatti far transitare le posizioni o comunque qualora tu debba iscrivere ex novo gli agenti, devi a tua volta essere già iscritta all’Enasarco e possedere il tuo numero di posizione ditta.

Se la nuova mandante a cui l’azienda viene trasferita non è ancora iscritta all’Enasarco, deve prima aprire la propria posizione facendo la procedura di iscrizione alla Fondazione e la registrazione ai servizi on line

Mi sono capitati poi casi particolare da gestire, come l’ipotesi di cessione di ramo d’azienda in cui gli agenti rimanevano sia agenti della vecchia sia agenti della nuova mandante…. In tal caso, poichè gli agenti continuavano a mantenere aperta anche la posizione Enasarco con la vecchia azienda, è stata studiata ad hoc la modalità più opportuna per gestire il passaggio sia sotto il profilo dei contratti sia Enasarco.

Se sei alle prese con un trasferimento di azienda e contratti di agenzia e vuoi valutare come meglio gestire il passaggio, dalla due diligence agli adempimento Enasarco, possiamo offrirti l’assistenza necessaria. Scopri cosa possiamo fare per te cliccando qui.

Buon lavoro e buona giornata!

Avv. Angela Tassinari

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AEC Agenti di Commercio: anzitutto cosa sono?

AEC agenti di commercioProbabilmente hai sentito parlare dei CCNL o dei Contratti Collettivi che si applicano ai dipendenti.

Ecco, gli AEC agenti di commercio sono i “contratti collettivi” degli agenti di commercio.

AEC è più precisamentev una sigla e sta per “Accordo Economico Collettivo (o, al plurale, AA.EE.CC. “Accordi Economici Collettivi”) e riguarda gli “accordi” stipulati tra le  associazioni di categoria degli imprenditori da un lato e le associazioni di categoria degli agenti dall’altro lato.

Si chiamano “collettivi” proprio perchè sono firmati da “associazioni”.

Quello che non tutti sanno (imprese e agenti) è che attualmente, di AA.EE.CC., ne risultano in vigore almeno 15 diversi (!).

Significa cioè che sono stati firmati 15 differenti AEC agenti di commercio, ciascuno con associazioni di categoria diverse, firmati in date diverse, e per settori parzialmente diversi, ma, ciò che più importa, con regole anche parzialmente o totalmente diverse.

Non esiste quindi un solo AEC agenti di commercio e quindi un generico richiamo nei contratti all'”A.E.C.” o agli “AA.EE.CC” ha poco significato. Nè fare riferimento all'”AEC agenti di commercio” significa richiamare quello del settore Commercio, poichè il “commercio” degli agenti identifica l’attività dell’agente e non il settore della mandante, che quindi va ulteriormente specificato.

Diciamo che trovare nel contratto l’indicazione specifica di quale A.E.C., tra i 15 vigenti, si intende applicare denota quantomeno che chi ha redatto il contratto di agenzia l’ha fatto con più cognizione di causa.

AEC agenti di commercio: ne esistono almeno 15 (!) e non sempre dicono le stesse cose 

Per semplificare le cose, ad ogni modo, i principali AEC agenti di commercio: di riferimento sono 2: quello del settore Industria del 30.7.2014 (peraltro di testo uguale all’AEC Piccola e Media Industria 1.9.2014) e quello del settore Commercio del 16.2.2009 (e successive modifiche del 2010 e 2017).

Non mi occuperò nel presente post del fatto che non è sempre obbligatorio applicare l’AEC e di cosa significhi non applicarlo (un “assaggio” comunque lo puoi trovare qui FIRR Enasarco: quello che le aziende non sanno).

Parto quindi dal presupposto che l’azienda voglia applicare l’AEC agenti di commercio e quindi propongo di seguito una tabella comparativa delle differenze tra i due AEC principali del settore Commercio (2009) e del Settore Industria  (2014)

 

 

A.E.C. Industria 2014       

 

A.E.C. Commercio 200
1. Applicazione obbligatoria

per preponenti iscritti a:

-Confindustria

-Confcooperative settore Industria

 

-Confcommercio

-Confcooperative settore Commercio

-Confesercenti

2. Riduzioni di zona, clienti, provvigioni, prodotti:

soglie

Soglie

0-5% lieve entita: senza preavviso

5-15% media entita: preavviso di mesi 2 o 4 e l’agente puo NON accettare

15% in su: sensibile entita: preavviso pari a quello del recesso e l’agente puo NON accettare

Soglie

0-5% lieve entita: senza preavviso

5-20% media entita: preavviso di mesi 2 o 4 e l’agente deve accettare

20% in su sensibile entita: preavviso pari a quello del recesso e l’agente puo NON accettare

3. Riduzioni di zona, clienti, provvigioni, prodotti:

possibilita di sostituire il preavviso con una indennita’

Non previstoPrevisto
4. Termine per il preponente per comunicare la mancata accettazione della proposta d’ordine30 giorni60 giorni salvo comunicazione proroga
5. Diritto a provvigioni affari conclusi nel corso della sospensione del rapporto per gravidanza Non previstoPrevisto a condizione che l’affare si concluda entro un termine ragionevole
6. Patto di non concorrenza:

ammontare indennità

(su durata patto 24 mesi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riduzioni per durata patto inferiore a 24 mesi

Monomandato:

-fino a 5 anni anzianità: 8 mensilità

-da 5 a 10 anni: 10 mensilità

-oltre 10 anni: 12 mensilità

 

Plurimandato:

-fino a 5 anni anzianità: 6 mensilita

-da 5 a 10 anni: 8 mensilità

-oltre 10 anni: 10 mensilità

 

previste

Monomandato:

– fino a 5 anni anzianità: 10 mensilità circa

– oltre 5 anni: 12 mensilità

 

 

Plurimandato:

-fino a 5 anni anzianità: circa 5 mensilità

-da 5 a 10 anni: circa 7 mensilita

-oltre 10 mensilità: circa 9 mensilita emmezza

 

previste

7. Patto di non concorrenza:

riduzione indennità per recesso dell’agente

Previsto per il solo caso di recesso ”ordinario” del plurimandatario il cui mandato non rappresenti piu del 25% degli introiti complessiviNon previsto
8. Patto di non concorrenza:

penale in caso di violazione

PrevistaNon prevista
9. Patto di non concorrenza:

esclusioni per società di capitali

Non si applica a:

societa di capitali (S.p.A. e s.r.l.) con due o più soci

Si applica a:

società di capitali (S.p.A. e s.r.l.) a socio UNICO

Non si applica a:

S.p.A. con due o più soci

 

Si applica a:

S.p.A. a socio UNICO

s.r.l. – tutte

10. Indennità meritocratica oltre a F.I.R.R. e indennita supppletiva di clientelaPrevista

(per sapere cosa è cambiato dal 1.4.2017 clicca qui)

Prevista
11. Indennità meritocratica e indennità suppletiva di clientela in caso di pensionamento agentePreviste entrambe in caso di pensionamento Enasarco (AEC 2002) e anche INPS di vecchiaia o anticipata (da AEC 2014)Prevista solo per indennità suppletiva di clientela  in caso di pensionamento Enasarco e INPS di vecchiaia, e/o anticipata e/o APE (queste ultime con modifica 2017)
– Presupposti indennità suppletiva di clientelaA prescindere dall’incremento clienti e fatturatoidem
12. Calcolo indennita suppletiva di clientela– 3% base su tutte le provvigioni

– percentuale aggiuntive 0,50% e 1% dopo il 3 anno fino a 45.000,00 euro

– 3% base e percentuali aggiuntive 0,50% e 1% dopo il 3 anno su tutte le provvigioni
13. Possibilità di “bloccare” il pagamento FIRR dall’EnasarcoPrevista per:

– violazione concorrenza o monomandato

– appropriazione indebita

Non prevista

Se sei una mandante e vuoi saperne di più riguardo all’AEC richiamato nel tuo contratto o sulla possibilità di non applicarlo, siamo a tua disposizione per una consulenza. Puoi contattarci cliccando qui.

Nel frattempo ti auguro come sempre un Buon Lavoro!

Avv. Angela Tassinari

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Indennità di incasso agenti di commercio: quando è dovuta se nel contratto di agenzia non è prevista?

Indennità di incasso agentiIn altre parole, è sufficiente che l’agente dimostri di aver riscosso dai clienti pagamenti di qualunque genere perchè possa richiedere l’indennità di incasso se non è prevista nel contratto di agenzia?

“Ni”, potrebbe non esserlo.

Vediamo quindi quali sono gli argomenti che la mandante può utilizzare per non riconoscere l’indennità di incasso, o limitare la richiesta.

Gli incassi riguardano gli “insoluti” o le fatture “alla scadenza”?

Un conto sono gli incassi delle fatture “alla scadenza” oppure in cui sia previsto che il pagamento avvenga “a mani” dell’agente.

Un conto sono invece gli incassi delle fatture insolute, cioè quelle già scadute e da recuperare.

Se l’attività di riscossione dell’agente si limita alla riscossione dei soli insoluti, gli A.E.C. prevedono che l’agente non abbia diritto ad alcuna indennità.

Anche in mancanza degli A.E.C. peraltro certa giurisprudenza ritiene che l’attività di riscossione dei soli insoluti non vada remunerata, perchè il servizio di “recupero crediti” viene svolto dall’agente anche nel suo stesso interesse.

L’agente infatti ha tutto l’interesse che la fattura non rimanga insoluta perchè:

  • se l’agente riceve il pagamento delle provvigioni sull'”incassato”, fino a quando il cliente non paga l’agente non guadagna la provvigione
  • se l’agente riceve invece il pagamento delle provvigioni sul “fatturato”, comunque è interessato all’effettivo incasso della fattura, perchè qualora l’insoluto diventasse definitivo, la mandante avrebbe diritto di stornare la provvigione (se hai dubbi sul fatto che l’azienda possa scegliere se pagare la provvigione sull'”incassato” anzichè sul “fatturato” clicca qui)

Se invece l’attività di incasso riguarda il pagamento delle fatture alla scadenza o “a mani” dell’agente, la situazione è diversa.

In questo caso, infatti, l’agente, pur avendo sempre l’interesse a che la fattura venga pagata ai fini della maturazione della provvigione, svolgerebbe un servizio “in più” per la mandante che, anzichè scegliere – ad esempio  – di far pagare il cliente tramite bonifico o tramite ricevuta bancaria, sceglie come modalità di pagamento da parte del cliente il pagamento a mani dell’agente.

Se si verifica questa ipotesi, a certe condizioni la mandante è tenuta al pagamento di una indennità di incasso o comunque di un compenso specifico.

Quali sono queste condizioni?

  1. l’attività deve essere svolta in modo continuativo da parte dell’agente. Non deve trattarsi di un incasso isolato
  2. la mandante deve ritenere l’agente responsabile in caso di perdita di quanto incassa (perdita del contante o degli assegni che l’agente riceve dal cliente, anche se sono intestati direttamente alla mandante)
  3. inoltre, secondo certa giurisprudenza, se anche l’attività fosse continuativa e l’agente fosse responsabile degli incassi, dovrebbe trattarsi di una attività iniziata dopo l’inizio del contratto di agenzia. Se infatti fosse iniziata sin da subito è sostenibile che le provvigioni già tenessero conto di questa attività che quindi non andrebbe ulteriormente pagata.

Ma se anche l’indennità di incasso agente andasse pagata, come e quanto va pagata?

Gli A.E.C. settore Industria e settore Commercio prevedono che l’indennità di incasso agenti venga stabilita in modo specifico e in aggiunta alle provvigioni (in forma percentuale o meno non importa).

E’ prassi che, laddove già prevista nel contratto di agenzia, venga indicata una “percenuale” da imputare a indennità di incasso agente, di solito nella forma di un “di cui” della provvigione (provvigione 7%, di cui 0,50% a titolo di indennità di incasso).

In questo modo il compenso viene riconosciuto, per praticità, sull’importo di tutte le fatture (riscosse o non riscosse dall’agente). Nulla vieterebbe peraltro di pattuire un compenso specifico relativamente al singolo incasso. Si tratta tuttavia di una gestione più complessa che di solito non viene utilizzata.

Tuttavia, qualora nel contratto non fosse previsto nulla e l’agente alla fine del rapporto avesse diritto all’indennità di incasso agenti, è possibile sostenere che l’indennità sia dovuta unicamente sugli incassi che l’agente ha curato e non calcolata genericamente su tutte le fatture incassate o meno dall’agente.

Rispetto all’ammontare del compenso, nè la legge nè gli A.E.C. stabiliscono l’ammontare. Di regola la giurisprudenza utilizza una “forbice” piuttosto ampia tra lo 0.5% e il 5%. Si tratta comunque di un importo determinato in via equitativa dal Giudice.

Quindi, per riepilogare, se ricorrono queste condizoni la mandante può contestare la richiesta dell’agente di riconoscimento dell’indennità di incasso agenti:

  1. gli incassi hanno riguardato solo gli insoluti
  2. gli incassi hanno riguardato il pagamento delle fatture alla scadenza ma sono stati episodici
  3. l’agente non aveva alcuna responsabilità nella perdita, specie nel caso di assegni direttamente intestati alla mandante
  4. l’attività di incasso è stata svolta sin dall’inizio del contratto
  5. nella peggiore delle ipotesi non è dovuta su tutto il fatturato ma solo sugli incassi effettuati

Naturalmente, a tutto ciò si deve aggiungere il fatto che è l’agente che deve fornire la prova che sussistano i requisti per avere diritto all’indennità di incasso, e non il contrario. Quindi se l’agente non riesce a dimostrare che sussistono le condizioni, la sua domanda non potrà essere accolta.

Se devi gestire una richiesta di indennità di incasso da parte di un tuo agente di commercio e vuoi saperne di più, puoi contattarci per ricevere assistenza cliccando qui.

Nel frattempo ti auguro come sempre un Buon Lavoro!

Avv. Angela Tassinari

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