Agenti operanti all’Estero: la Zona non è sufficiente per escludere l’Enasarco
Agenti italiani operanti all’estero: vanno iscritti all’Enasarco?
Dall’1.1.2004 l’Enasarco, all’art. 2, comma 1, dei suoi Regolamenti ha detto che:
“Sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza della Fondazione tutti i soggetti … che operino sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia“.
In sostanza da tale data non c’è più l’obbligo – fino ad allora in vigore – di iscrizione automatica dell’agente operante all’estero per il solo fatto di essere stato incaricato da una preponente italiana.
Con Ordine di Servizio del 22.4.2004, l’Enasarco precisava che dovevano essere iscritti alla Fondazione Enasarco (solo) gli agenti che operano, anche solo in parte, sul territorio nazionale, escludendo quindi tutti gli altri.
L’Enasarco faceva poi salvo l’obbligo di mantenere l’iscrizione per quegli agenti già iscritti alla Fondazione alla data del 31 dicembre 2003 (cioè prima dell’entrata in vigore delle modifiche).
Quindi, anzitutto, la questione non si pone per quegli agenti che, pur attualmente operando all’estero, risultino già iscritti alla Fondazione Enasarco ante 31.12.2003: per questi agenti, pur operanti all’estero, sarà sempre obbligatoria l’iscrizione da parte della mandante italiana, senza alcuna ulteriore indagine.
Per gli agenti operanti all’estero già iscritti all’Enasarco alla data del 31.12.2003 rimane sempre obbligatoria l’iscrizione alla Fondazione
Per gli agenti iscritti invece all’Enasarco dopo il 1.1.2004, o non ancora iscritti all’Enasarco, che “operino all’estero” , quale è la situazione?
La questione sembrava inizialmente semplice.
Le prime interpretazioni all’alba dell’entrata in vigore del Regolamento Enasarco del 2004, ottimisticamente facevano riferimento al concetto di “zona assegnata” e di operatività dell’agente con riferimento alla singola mandante, andando a verificare dove l’agente raccogliesse materialmente gli ordini o svolgesse l’attività tipica di agenzia (ricevimento clienti ecc).
Se tali attività risultavano solo svolte all’estero, si riteneva che l’agente non andasse iscritto all’Enasarco ancorchè l’agente avesse sede “amministrativa” o “fiscale” in Italia (e quindi a condizione che presso tali sedi non venisse svolta attività “commerciale”).
In altre parole, l’assegnazione all’agente unicamente di un territorio estero (ad esempio: Francia) sembrava sufficiente per escludere l’obbligo di iscrizione, anche se l’agente aveva residenza o sede in Italia e a condizione che qui non svolgesse attività commerciale ma solo di tipo “amministrativo”.
Nel 2013 tuttavia il Regolamento Enasarco è stato nuovamente modificato e pur mantenendo uguale il comma 1 dell’art. 2, ha modificato il comma 2 prevedendo: “Resta ferma l’applicazione delle norme dell’Unione Europea e delle convenzioni internazionali in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale“.
La “traduzione” di questo comma è arrivata con la “famosa” Risposta ad Interpello n. 32/2013 del Ministero del Lavoro, resa allo scopo di chiarire definitivamente la questione.
La faccenda si è invece ulteriormente complicata, o, per lo meno, si sono di fatto notevolmente ristretti i casi in cui l’Enasarco ammetta ora la possibilità, per un agente italiano operante all’estero, di non essere iscritto all’Enasarco.
Con tale Risposta ad Interpello, infatti, il Ministero del Lavoro, applicando, per l’appunto, la normativa europea (in particolare il Regolamento CE 883/2004) ha stabilito che, affinchè un agente residente in Italia e operante all’estero non debba essere iscritto all’Enasarco, si deve andare a vedere dove svolge la parte “sostanziale” della sua attività.
Il punto è che per “sostanziale” ai sensi del citato Regolamento CE 883/2004 non si intende la parte “qualitativa” bensì la parte “quantitativa” dell’attività, senza quindi che si tratti necessariamente della “parte principale” dell’attività stessa.
In particolare, la “parte sostanziale” dell’attività viene determinata con riguardo ai criteri indicativi di “fatturato, orario di lavoro, numero di servizi prestati e reddito” (art. 14, par. 8). Se, in base a tali criteri, si raggiunge il 25% del valore dell’attività, il Regolamento prevede che vada applicata la normativa dello stato di residenza (quindi quella italiana).
Se il 25% del valore dell’attività determinata secondo i parametri elencati non fosse raggiunto, si applicherebbe la normativa dello Stato in cui l’agente mantiene il proprio “centro di interessi”.
Per stabilire dove sia il “centro di interessi”, il Regolamento CE prevede che vadano considerati “tutti gli elementi che compongono le attività professionali dell’agente, in particolare il luogo in cui si trova la sede fissa e permanente delle attività dell’interessato, il carattere abituale o la durata delle attività esercitate, il numero di servizi prestati e la volontà dell’interessato quale risulta da tutte le circostanze”.
In caso di agenti italiani operanti all’estero va verificato dove svolgano la parte “quantitivamente” maggiore dell’attività o dove sia l’effettivo “centro di interessi”
Mettendo insieme tutti questi principi, i verbali ispettivi Enasarco hanno gioco facile per sostenere che, in presenza di elementi quali:
- residenza o sede della ditta o della società di agenzia in Italia
- iscrizione alla Camera di Commercio Italiana
- redditi dichiarati in Italia
- iscrizione all’Enasarco da parte di altre ditte mandanti
sussista o il requisito dell'”attività sostanziale” o quello del “centro di interessi“, e quindi è ormai frequente che l’Enasarco proceda a contestare l’omessa contribuzione.
Per di più, se anche fossero venuti meno i requisiti dell'”attività sostanziale” o del “centro di interessi”, per 24 mesi ancora da quando sono venuti meno continuerebbe ad applicarsi la legge italiana (art. 12, par 2, Regolamento CE 883/2004).
Ne deriva quindi che la mera assegnazione di una zona “estera” non è più sufficiente ad escludere il rischio che l’Enasarco in sede ispettiva contesti la mancata iscrizione degli agenti italiani operanti all’estero.
L’assegnazione di una zona estera non è più sufficiente ad escludere il rischio che l’Enasarco in sede ispettiva contesti la mancata iscrizione
In pratica per l’Enasarco, affinchè un agente italiano operante all’estero possa sottrarsi all’iscrizione Enasarco deve di fatto “vivere” all’estero, o pagare le tasse all’estero, o essere iscritto agli istituti amministrativi esteri. Insomma deve dimostrare di avere un legame sostanziale con il Paese estero, non semplicemente dato dall’assegnazione di una zona estera in contratto.
Le conseguenze in caso di mancato versamento dei contributi comportano il conteggio di tutti i contributi non versati nei 5 anni addietro (limite della prescrizione) oltre alle sanzioni e agli interessi. Per una panoramica sull’ammontare dei contributi vigenti nel corso degli anni puoi scaricare il nostro E-book gratuito L’Enasarco in 6 tabelle riepilogative
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Nel frattempo, come sempre, buon lavoro!
Avv. Angela Tassinari